di Alessia
Il Giappone ha iniziato a scaricare le acque reflue radioattive provenienti dalla centrale di Fukushima nell’Oceano Pacifico.
L’inizio di un processo che ha richiesto due anni di lavoro da parte di massimi esperti di sicurezza nucleare e che probabilmente durerà diversi decenni, a cui hanno seguito migliaia di notizie e articoli scandalistici che fomentano la fobia per il nucleare.
Fukushima, 2011: un terremoto di magnitudo 9.0 provoca uno tsunami che travolge la centrale nucleare di Fukushima allagando il generatore di emergenza distruggendone il sistema di raffreddamento, portando al surriscaldamento del reattore e generato incendi ed esplosioni.
Il disastro di Fukushima riportò un meltdown nucleare di livello 7, lo stesso classificato per Chernobyl oltre che il rilascio di radioattività nell’ambiente.
In questi decenni dopo il disastro, i noccioli fusi hanno avuto bisogno di essere raffreddati costantemente con acqua. Acqua che, una volta stoccata in cisterne, è stata filtrata dagli elementi pericolosi mediante un processo chiamato Advanced Liquid Processing System, per permetterne lo smaltimento in mare.
Il complesso procedimento di purificazione dell’acqua, però, sappiamo non essere in grado di filtrare un elemento radioattivo, il trizio.
Secondo il fisico Marco Casolino, primo ricercatore della sezione INFN, da un punto di vista scientifico i motivi per cui preoccuparsi sono pochi.
Infatti la quantità di trizio raccolta nell’acqua in questi anni è di 20g e alla fine della sua diluizione in 1,3 milioni di metri cubi, la sua concentrazione sarà addirittura sotto gli standard normativi e inferiore a quella che l’OMS mette per l’acqua potabile.
Secondo Casolino radioattivo non significa pericoloso, l’acqua non può essere potabile né può essere dispersa a terra in aree limitate, perciò l’unica l’opzione è rilasciarla nell’oceano, anch’esso già radioattivo come lo è del resto tutto il pianeta.
Lo sversamento di acqua triziata è un processo normale che avviene tutti i giorni in qualsiasi impianto nucleare nel mondo. Secondo l’AIEA infatti l’operazione è totalmente coerente con gli standard di sicurezza e il suo impatto per persone e ambiente è trascurabile.
Ciò nonostante, lo sversamento sarà seguito da stretto monitoraggio mantenendo un accordo di trasparenza anche tramite la pubblicazione periodica di dati e documenti relativi allo scarico in mare.
Ciò risponderà all’enorme allarmismo dell’opinione pubblica e soprattutto dei paesi vicini, tra cui la Cina e la Corea del Sud, legato ai rischi dell’inquinamento radioattivo, che stanno già arrecando danni economici ai pescatori giapponesi. La Cina ha infatti vietato l’importazione dei prodotti ittici giapponesi, mentre la Corea del Sud ha mantenuto il divieto sui prodotti provenienti da Fukushima.
La motivazione dietro tali decisioni si sospetta sia primariamente di natura politica, Pechino è infatti stata accusata di ipocrisia e di usare l’incidente nucleare del 2011 per fomentare sentimenti anti-giapponesi. La rivista The Guardian sostiene che molti scienziati sottolineano come le centrali nucleari cinesi rilasciano acque reflue con livelli di trizio più elevati di quelli riscontrati negli scarichi di Fukushima. Nel 2021, ognuno dei 13 impianti nucleari cinesi ha rilasciato in mare più trizio radioattivo rispetto alla quantità prevista in un anno dalla centrale di Fukushima…
La morale della favola è che non esiste nessuno scandalo ambientale. Come ampiamente previsto il ministero dell’ambiente giapponese ha riferito che le prime analisi sull’acqua di Fukushima non sono preoccupanti.
Il continuo terrorismo mediatico basato su false notizie, come quelle divulgate sul disastro di Fukushima, è una delle costanti che oggi impedisce l’indipendenza energetica per paura del nucleare.
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