Di Chiara e Patrizio

Secondo il pensiero comune, il femminismo con le proprie lotte ha consentito alle donne di affermare la propria voce, combattere gli stereotipi e ottenere una maggiore rappresentanza in vari campi.

Ma è davvero così? 

La questione fondamentale è una: nel post sessantotto concetti come patriarcato, sessismo, bigottismo, paternalismo e morale sono stati stravolti dal dibattito politico e sociale. 

Dato che per quanto riguarda il dibattito vi è sempre una narrativa dominante, anche nel caso del patriarcato, è stata adottata e presa per basilare una narrativa femminista per descrivere un “fenomeno culturale”, concetti e fenomeni storici annessi, costruendo di sana pianta una narrazione. 

Ad esempio: il termine “liberazione sessuale”, oggi considerato standard nel dibattito sulla supposta emancipazione femminile, era un termine che al tempo del “femminismo di prima ondata” era usato con accezioni molto differenti da quelle odierne. 

Il termine “Liberazione” stesso è, legalmente parlando, improprio, poiché di fatto non esistevano, già allora, leggi fattualmente repressive nei confronti di omosessuali e pratiche libertine, ma ciò che faceva la differenza era la percezione sociale.

Il dibattito politico è notevolmente peggiorato, avendo come conseguenza la nascita di generazioni (successive al sessantotto) impregnate di falsi miti e ideologie: ha solamente incentivato un più celere declino della società, che opprime tutti coloro che, dal punto di vista ideologico, non rientrano negli standard fissati dal pensiero dominante.  

Poco importa se le cause femministe e della comunità LGBT siano state inglobate dal capitalismo più becero e sfruttate dalle multinazionali con il solo fine del guadagno: faranno sempre in modo di apparire come vittime di una società opprimente. 

Tutto ciò per dire cosa?

Oggi, per questi motivi, si danno per assodati comandamenti femministi/intersezionali come:

– Il maschio è il male assoluto, specie se bianco ed etero;

– L’eterosessualità è anch’essa il male assoluto, ma comunque ancora semi accettata dai progressisti, poiché ancora molto diffusa anche tra le loro fila;

– Gli omosessuali sono oppressi da un meccanismo di sistema (poco importa se siamo circondati da loro slogan e simboli);

– É giusto reprimere chiunque si rifaccia o rivendichi l’essere maschio o eterosessuale nel senso tradizionale del termine, perché si deve essere “tolleranti con i tolleranti e intolleranti con gli intolleranti” (laddove sono i progressisti a decretare cosa sia la tolleranza e cosa no).

Di conseguenza è più che palese come ci siano dei cortocircuiti all’interno dell’ambiente femminista: uno degli esempi più eclatanti si ha quando si legge di che da dei transfobici a delle femministe (le cosiddette TERF, da Trans Excluding Radical Feminists in inglese) che si pongono contro la loro partecipazione agli sport femminili, in quanto avvantaggiati dall’essere nati maschi. Si tratta di forzature che nonostante facciano parte di una piccola parte della società, anche a causa della strisciante propaganda proveniente dagli Stati Uniti, si stanno diffondendo anche in Italia e, più in generale, in Europa.