di Chiara
“La mafia e il nazifascismo hanno tratti in comune, modelli che si propongono alla società con la violenza e la sopraffazione. La concezione della violenza come elemento di regolazione dei rapporti e la compressione della libertà di pensiero”
Se prima avevamo dei dubbi, adesso abbiamo la certezza: il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha problemi con la storia.
In questo caso specifico, con la storia della mafia, e lo ha dimostrato quando, trovatosi a Castelvetrano per le celebrazioni del 25 Aprile, ha affermato come la mafia e il “nazifascismo” abbiano tratti in comune, citando, ad esempio, la violenza.
Non è di certo la prima volta che uomini delle istituzioni si pronunciano in modi simili, ma, nonostante le differenze politiche, hanno tutti un punto in comune: l’ignoranza.
Probabilmente nessuno di loro è a conoscenza dell’operato svolto dal Prefetto Cesare Mori durante il ventennio fascista: nel 1925 venne nominato Prefetto di Palermo con l’unico scopo di sradicare la presenza mafiosa nella provincia e in tutta la Sicilia. L’apice del suo lavoro è stato l’Assedio di Gangi, paese roccaforte di mafia e brigantaggio, a seguito di cui il prefetto dispose l’arresto di oltre 400 persone.
Mussolini stesso si pronunciò riguardo il fenomeno affermando: “È tempo che io vi riveli la mafia. Ma, prima di tutto, io voglio spogliare questa associazione brigantesca da tutta quella specie di fascino, di poesia, che non merita minimamente. Non si parli di nobiltà e di cavalleria della mafia, se non si vuole veramente insultare tutta la Sicilia”.
Inoltre, è doveroso ricordare al ministro come molti mafiosi (tra cui Lucky Luciano) che negli anni precedenti erano emigrati negli Stati Uniti, furono determinanti per lo sbarco degli angloamericani sull’isola nel 1943 prima, e per il mantenimento del potere durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale poi. Di conseguenza, in segno di riconoscenza, furono affidate ai mafiosi le maggiori cariche amministrative.
Tutto ciò unicamente per dimostrare come l’ignoranza regni anche, e soprattutto, nelle stanze del potere, dove per accaparrarsi qualche misera simpatia nell’area della sinistra, gli esponenti del centrodestra non esitano a raccontare castronerie, con il solo scopo di evitare le solite e inutili accuse di “fascismo”.
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