Di Giovanni
Esattamente settantotto anni fa, alle prime ore del nove maggio 1945, giunse al Cremlino la notizia della vittoria dell’URSS sulla Germania in seguito alla resa di quest’ultima. A distanza di quasi ottant’anni in alcuni paesi dell’ex Unione Sovietica si celebra il nove maggio come il Giorno della Vittoria, considerata festa nazionale in Russia, dove ogni anno si tiene una parata militare sulla Piazza Rossa di Mosca. Nulla di strano per un paese che non ha mai fatto pace col suo passato sovietico. Ma se per i russi il nove maggio è una festa nazionale, è per l’Europa intera un giorno di lutto, esattamente come lo è il venticinque aprile per noi italiani.
Intere città furono distrutte dalle bombe degli anglo-americani e dei sovietici e milioni furono gli innocenti che perirono sotto il piombo dei liberatori. Poi vi furono massacri di civili come le stragi dei partigiani italiani alleati degli americani oppure le deportazioni dei rumeni in Russia o ancora genocidi come la carestia dell’ Holodomor in Ucraìna. Crimini di guerra e contro l’umanità per i quali mai nessuno fu processato perché, si sa, la storia la scrivono i vincitori e pertanto questi ultimi hanno sempre ragione.
A guerra terminata poi, rispettando gli accordi di Yalta, l’Europa fu spartita tra i vincitori. L’est cadde sotto il dominio sovietico, conoscendo ben presto gli orrori del comunismo, tra fame e repressione, con buona pace delle belle parole con cui si riempivano la bocca i liberatori dai vessilli rossi. Motivi che nel tempo spinsero diversi popoli a insorgere, come ad esempio gli ungheresi, quei famosi “ragazzi di Buda”, insorti contro il giogo sovietico e massacrati dai soldati dell’ Armata Rossa nel 1956.
L’Europa occidentale – comprese Francia ed Inghilterra – fu consegnata agli americani con la loro democrazia liberale e le loro basi NATO. Gli yankee, in seguito vincitori della Guerra Fredda, da quasi ottant’anni dominano l’Europa occidentale e da più di trenta anche quella orientale, privando i popoli d’Europa della loro sovranità nazionale, assuefacendo le menti coi falsi miti della democrazia e del progresso.
Due superpotenze, USA e URSS, sì nemiche ma comunque unite in nome dell’ antifascismo contro l’Europa dei popoli. Non ci si illuda infatti che il modello della seconda, il socialismo reale, rappresenti l’alternativa alla democrazia liberale e al capitalismo. In entrambi i sistemi la Patria viene subordinata ora al dio denaro, ora a un ideale utopico di una presunta uguaglianza.
Il nove maggio fu l’Europa dei popoli, l’Europa di una Tradizione millenaria e di una cultura comune ad essere sconfitta. Una disfatta che però non ha mai cancellato l’ideale eterno di Europa, ancora vivo nei cuori e nelle menti di una gioventù europea che da Kiev a Belfast ancora lotta e crede per un riscatto del Vecchio Continente.
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