di Alessia

Negli ultimi anni, l’UE si è dimostrata attiva e pronta a porre al centro della propria agenda politica nuovi progetti ed obiettivi in materia di clima ed energia.

Dall’accordo di Parigi del 2015, fino alla più recente strategia dell’agenda Europea 2020, l’Unione sembra avere veramente a cuore la causa del clima. 

Gli accordi europei sul cambiamento climatico, prevedono infatti misure per ridurre le emissioni di gas serra e contenere il riscaldamento globale, puntando al ricorso di fonti di energia che riducano le emissioni.

Per farlo, infatti, la signora Angela Merkel, sostenitrice dell’uscita dall’energia nucleare, ha ben deciso di chiudere e smantellare, pochi giorni fa, le ultime tre centrali nucleari in funzione da quasi 40 anni in Germania. Le centrali, producevano quasi 410 miliardi di kilowattora di energia pulita e sostenibile.

La realtà, è che l’interesse dell’UE verso la causa climatica, è tanto veritiero quanto quello dimostrato verso le vittime delle sue politiche restrittive di austerità.

Per dare adito alla propria credibilità, quest’anno il Parlamento Europeo ha pubblicato numeri e fatti in merito al riciclo di rifiuti di plastica. Emerge infatti, che quasi un terzo dei rifiuti in plastica viene riciclato, ma non in Europa.

Il Parlamento ci dice che i rifiuti plastici vengono esportati principalmente per mancanza di strutture, tecnologie e risorse finanziarie adeguate a trattare e contenere i rifiuti stessi. 

In passato, infatti, era la Cina a ricevere l’export di rifiuti plastici, prima del blocco all’importazione nel paese, evento che ha inevitabilmente contribuito a una diminuzione delle esportazioni UE.

Quale miglior soluzione, per contrastare la messa in discarica dei rifiuti di plastica in Europa, che impiegare l’Oriente come discarica stessa?

India, Egitto e Turchia. Per l’UE il più grande problema del riciclaggio della plastica è la qualità e il prezzo dei prodotti riciclati e non la minaccia che rappresenta questo mercato per i diritti umani e l’ambiente.

Istanbul è la principale destinazione dei rifiuti di plastica dell’Unione Europea. La vicinanza geografica della Turchia e le relazioni commerciali con l’Unione, l’hanno resa una destinazione chiave per le esportazioni. Dal 2020 ad oggi 450.000 tonnellate di plastica sono state esportate alla nazione, e, in pochi anni, l’industria di riciclaggio della plastica ha generato effetti nocivi per la salute umana e dell’ambiente. 

Solo nel 2019 la produzione e il loro smaltimento hanno emesso circa 850 milioni di tonnellate di gas serra. 

Secondo le stime, la seguente traiettoria presa dall’Europa, porterà entro il 2050 le emissioni di gas serra, derivanti da produzione e smaltimento di plastica, al 15% del bilancio globale del carbonio, prospettive che sembrano rendere impossibili da raggiungere le ambizioni climatiche fissate dell’agenda.

Inoltre, è stato rilevato che l’inquinamento atmosferico localizzato nelle regioni di smaltimento e riciclaggio della plastica: tossine, additivi e residui chimici volatili, abbia provocato alla popolazione malattie respiratorie e danni permanenti. 

Sono 232 gli impianti di riciclaggio ad istanbul, la gran parte collocati vicino a residenze, ospedali e scuole, ignari dei rischi derivanti dall’esposizione tossica degli impianti di riciclaggio.

Ad essere violati sono anche i diritti dei lavoratori, spesso di minoranze emarginate, rifugiati, migranti privi di documenti e anche bambini.

Lavorano in condizioni di sicurezza precarie senza dispositivi di protezione, all’oscuro degli impatti che il riciclaggio della plastica abbia sulla propria salute, e su quella della popolazione generale. 

Ai sensi del diritto internazionale e interno, la Turchia viola i suoi obblighi, rispondendo nei confronti di quanto accade in maniera inefficace. Gli impianti di riciclaggio operano infatti, molto spesso, senza licenze adeguate e senza un monitoraggio della qualità dell’aria e dell’impatto ambientale delle sostanze impiegate dalle aziende.

Quella che L’Europa, invece, spaccia come strategia di economia circolare, è in realtà un mezzo di distruzione e precarietà verso i paesi terzi, oltre che dell’ambiente al livello globale.

I paesi esportatori, compresi quelli dell’UE dovrebbero iniziare ad adottare misure per gestire i propri rifiuti a livello nazionale.