di Cippa
Come nel caso di tutti i grandi classici della letteratura non è possibile ridurre a un articolo la complessità e la meraviglia delle opere trattate. Eppure coi tempi che corrono è elevato il rischio che tali capolavori rimangano relegati ai banchi di scuola: da qui la necessità di parlarne anche in termini semplici per invogliare tutti ad approcciare questi libri. Miguel de Cervantes fu un personaggio incredibile, scrittore e combattente, guerriero e carcerato, rimase menomato per un colpo di archibugio alla mano sinistra nella celeberrima Battaglia di Lepanto del 1571 mentre serviva per la Lega Santa: ebbe insomma una vita avventurosa e travagliata. L’opera per cui è rimasto nella storia è il Don Chisciotte, un romanzo incredibile che parte da presupposti incredibili: una storia di avventura e cavalleria all’insegna della satira e dell’ironia.
Il nostro prode cavaliere è un povero folle, il suo scudiero Sancio un uomo talmente semplice da cadere nella follia del suo “padrone”, fin dalla introduzione che ci da il nostro stesso Autore comprendiamo la grandezza di quest’opera leggendo tra le righe un sarcasmo e un’ autoironia davvero fuori dal comune. Si può leggere l’intero romanzo come un passatempo perchè vi troviamo delle scene di una comicità incredibile, tanto da far scoppiare a ridere a crepapelle il lettore senza alcuna difficoltà. I personaggi sono tutti in qualche modo trascinati, più o meno consapevolmente, dalla folle convinzione di Don Chisciotte di esser divenuto cavaliere errante e agiscono sia in suo favore che in suo sfavore, creando situazioni incredibili e quantomai assurde.
Naturalmente l’intento di de Cervantes nel Romanzo è anche quello di far riflettere sulle assurdità della sua epoca, sulla linea sottile che separa realtà e illusione. L’intento del nostro autore ha centrato a tal punto il bersaglio che non solo dà una splendida immagine e uno spunto di riflessione per la sua epoca ma consente una chiave di lettura della società sine tempore. La lettura del Don Chisciotte non è solo un passatempo dunque, nè una banale satira e nemmeno un banale testo che ha segnato la storia della letteratura senza particolari motivazioni: è un quadro dell’essere umano, quale che sia l’epoca, di ciò che la nostra mente può creare al di fuori del reale tanto da modificarlo radicalmente.
Quando lo si leggerà verrà automatico porsi dei quesiti: siamo Don Chisciotte della Mancia, dunque inseguiamo una follia e ne siamo totalmente immersi, derisi e biasimati dal prossimo? Siamo Sancio Panza, ovvero soggetti tanto illusi e creduloni da farci trascinare da un folle con solamente qualche scatto di razionalità? Oppure siamo i personaggi consapevoli e logici ma spesso e volentieri meschini e opportunisti? Forse un insieme di tutti loro. Non fraintendete, non vuole essere una critica all’essere umano in generale ma un invito a una riflessione su ciò che è reale e ciò che è illusorio nel mondo attuale, dove il confine tra le due cose si fa sempre più sottile e complicato. Pensiamo alle televisioni, ai cellulari, agli stessi libri come ci ricorda de Cervantes: poi fermiamoci e solleviamo gli occhi verso il mondo reale, sulle strade e i palazzi, sulle montagne e sui boschi, sul cielo e sul mare. Noi uomini siamo logos, spirito, mente ma anche corpo, carne e sangue: è bene non dimenticarlo mai e il Don Chisciotte può aiutarci a rammentarlo.
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