Roma, 20 marzo – È ora di farla finita con il diktat sull’immigrazione, impartito come una fatalità senza scampo. Troppo spesso, lì dove si dichiara la necessità di “importare immigrati su richiesta delle imprese”, si cela una visione miope sul futuro che disprezza gli studenti italiani.
Ci riferiamo alle parole del Ministro Adolfo Urso – ultime di tante – che ci hanno colpito per l’assoluta noncuranza con cui stiamo delegando il futuro delle imprese e dello sviluppo italiano ad una vera e propria dipendenza dall’estero: possibile che l’unico destino dell’Italia sia sub-appaltare lavoro a manodopera straniera, esportare “cervelli” nel migliore dei casi e creare nuovi precari in quello peggiore?
“Non si sa per quale motivo – dichiara la nota del Blocco Studentesco – siamo costretti a ricevere da destra come da sinistra, l’imposizione per il quale gli immigrati siano la sola ed unica risorsa per il futuro delle imprese. Un rifiuto cronico da parte della classe dirigente italiana di rivolgersi ai suoi giovani, di mobilitare le forze e le capacità degli studenti, di far leva sulle scuole come uno strumento di potenza nazionale e non come semplice ‘pollaio’ votato alla decrescita”.
“Per questo motivo – continua la nota – abbiamo deciso di affiggere in tutta Italia delle parole che speriamo possano tornare ad ispirare la politica, troppo spesso affetta da sfiducia e livore verso i giovani. A cosa servono gli immigrati se i salari rimangono tra i più bassi d’Europa? Più che manodopera – e il fatto che la si dichiari tale è uno schiaffo all’umanitarismo tanto in voga – serve una nuova prospettiva, che rimetta al centro gli studenti italiani come attori privilegiati della cultura, del lavoro e del territorio. Via gli stage non retribuiti, via i contratti precari, via i numeri chiusi nelle facoltà. Lo Stato deve dirigere l’istruzione con orchestrazione e lungimiranza, non avallando un sistema suicida”.
“Continuando a stringere le forbici dei tagli alla scuola da un lato – conclude la nota – ed investendo sul lavoro immigrato dall’altro, senza per altro che a questo corrisponda un aumento delle tutele, l’Italia si troverà presto a dover fare i conti con un sempre più forte fenomeno di emigrazione, classismo e perfino depressione giovanile. Serve un cambio di passo sulla scuola, simultaneamente ad un cambio di valori che non siano più quelli del capitalismo finanziario apolide, ma quelli tracciati dalla storia del sindacalismo rivoluzionario italiano: comunità, lavoro e partecipazione. Nella salute della scuola oggi si troverà la via per la salute del lavoro di domani”.
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