di Enrico
Che Pechino sia più vicina a Mosca che Washington DC non è certo una novità, è anzi quasi una banalità dire ciò. Tuttavia, almeno dall’inizio nel febbraio 2022 dell’invasione russa dell’Ucraina, la Cina ha cercato di rendere meno evidente e più “morbida” la propria vicinanza alla Russia di Vladimir Putin, se non altro per evitare ripercussioni a livello internazionale e soprattutto per tenere il punto su Taiwan, che il governo di Pechino considera parte della nazione cinese. Ora invece, con l’annuncio ufficiale da parte del Cremlino della visita di Xi Jinping a Mosca nella prossima primavera, il sostegno del Dragone all’Orso sembra essere tornato evidente quanto lo era prima della guerra. E ora cerchiamo di capire perché.
Iniziamo col dire questo: alla Cina conviene che la Russia faccia la guerra. Anche agli Stati Uniti la guerra in Ucraina conviene, ma per motivi diversi. Se a Washington DC serve per indebolire la Russia e per vedere “a che punto è Putin”, ovvero per vederlo in azione e potersi regolare di conseguenza, a Pechino la guerra in Ucraina serve per “sfruttare” la Russia per indebolire gli Stati Uniti e il blocco occidentale del quale, per nostra disgrazia, facciamo parte anche noi. Ma ancor di più, la Cina dalla guerra in Ucraina trae il vantaggio di essere l’unico (o quasi) acquirente dei principali prodotti d’esportazione russi, ovvero gas e petrolio. Se l’occidente diminuisce o addirittura estingue la dipendenza energetica da Mosca, la Cina diventa l’unico acquirente, acquisendo così anche un maggiore potere contrattuale sul prezzo dell’energia. In altre parole, sarà Pechino a decidere il prezzo a cui comprare gas e petrolio, non Mosca a decidere a quale prezzo venderli.
La naturale conseguenza di ciò è che la Russia così facendo, per sopravvivere, dovrà sempre più buttarsi nelle braccia della Cina.
La Cina, dunque, sta sfruttando la Russia non solo dal punto di vista militare, ma anche dal punto di vista economico. E questo a Xi Jinping serve, per un fattore molto elementare: la crescita dell’economia cinese ha registrato una brusca frenata, per lo più a causa delle ferree chiusure dovute al ritorno in Cina della pandemia. Ora tutte le limitazioni sono state nuovamente tolte e l’economia deve a tutti i costi recuperare le posizioni perse: il governo di Xi Jinping regge solo se l’economia nazionale galoppa e se gode dell’appoggio di determinate correnti interne al Partito Comunista Cinese. Se vengono a mancare questi due fattori il governo di Xi Jinping rischia di traballare.
Ad alimentare la tensione si aggiunge un altro fattore; l’acuirsi dello scontro economico (e forse a breve anche militare) con gli Stati Uniti. Pochi giorni fa, dopo l’avvistamento, un pallone spia cinese è stato abbattuto nei cieli sopra l’Atlantico dopo aver violato lo spazio aereo americano. Questo episodio però non è il solo campanello d’allarme: dopo l’iniziale diffusione da parte di Pechino di generici messaggi di equidistanza circa l’invasione russa dell’Ucraina, si sono nel corso del tempo sempre più intensificate le esercitazioni militari congiunte russo-cinesi.
E anche la propaganda cinese sembra andare in quella direzione: un esempio su tutti è quel che si legge su Global Times, l’organo ufficiale di informazione cinese in lingua inglese, dove le accuse (per certi versi persino sensate) all’Occidente e agli USA, di portare avanti politiche imperialiste, aumentano man mano di durezza. Ma non avviene lo stesso per la Russia, su cui la Cina sembra stendere un velo di silenzio.
Dal punto di vista economico l’atteggiamento semi-ambiguo di Pechino nei confronti di Mosca non cambia: se da un lato è vero che la Cina non ha mai fornito direttamente armi alla Russia, dall’altro nelle ultime settimane industrie di stato cinesi stanno, secondo i servizi di intelligence di varie nazioni occidentali, inviando sempre più materiale alla Russia. Senza contare i già accennati accordi commerciali su gas e petrolio, in cui società cinesi (statali e non) stanno aumentando man mano gli acquisti di energia dalla Russia.
Possiamo quindi trarre questa conclusione (al resto solo il tempo potrà dare una risposta): in questo momento Xi Jinping non può schierarsi senza se e senza ma con Vladimir Putin, andando a rompere così in un colpo solo tutte le relazioni con Europa e Stati Uniti (cosa che bloccherebbe ulteriormente la crescita economica cinese). Può altresì sfruttare la Russia e la guerra in corso in Ucraina per rafforzarsi ulteriormente, per continuare la propria espansione economica in Asia e in Africa, ritrovandosi così più forte di prima e con un grande stato come la Russia de facto alle proprie dipendenze (le alleanze di confine non possono essere mai egualitarie al loro interno, avvengono sempre perché uno stato indebolito si mette nelle mani di uno più forte) e forse, chi lo sa, per preparare la prossima guerra. Come ha detto pochi giorni fa un generale americano: “ci aspettiamo che la Cina attacchi Taiwan già nel 2025”.
Cos’è che dicevate fino a un paio d’anni fa? La storia è finita? Il mondo, dopo il crollo dell’URSS, si è stabilizzato? Eccovi serviti.
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