di Jen
La nuova via della seta, nota anche con l’acronimo BRI (Belt Road Initiative) è un progetto lanciato nel 2013 per un’iniziativa del presidente cinese Xi Jinping.
Il piano, che ha come obiettivo tra i vari l’integrazione commerciale della Cina con gli altri paesi europei e del continente asiatico, non è stato creato ex novo ma ricalca l’antica via della seta percorsa a partire dal lontano 200 a.C e battuta anche dai veneziani nel momento della loro massima egemonia nei commerci orientali.
La parziale omonimia è stata volutamente ricercata dai cinesi che, nel proporre un commercio sempre più integrato, hanno ritenuto strategico tranquillizzare gli europei riesumando periodi considerati d’oro per la loro storia.
L’iniziativa coinvolge ad oggi più di 60 paesi attraverso i quali i prodotti dovrebbero passare per approdare sui mercati esteri. Le strade percorribili sono due: una terrestre legata principalmente attraverso all’utilizzo del sistema ferroviario e una marittima del tutto moderna. Naturalmente a fianco dei progetti sono stati istituiti la Banca Asiatica per la Via della Seta e il fondo per la via della Seta, che servono a finanziare gli impegni di spesa da riversare sulle infrastrutture. Questa iniziativa è in linea con la politica della porta aperta adottata dalla Cina a partire dal 1978 ma mette in serio pericolo le economie locali europee.
Il progetto cinese, infatti, deve essere contestualizzato: i prodotti cinesi, infatti, vantando di una forza lavoro a basso costo, politiche ambientali meno stringenti, standard di qualità meno alti rispetto e un costo di produzione più basso anche in materia di energia a quelli europei sono necessariamente più competitivi in fattore di prezzo rispetto a quelli autoctoni.
Il progetto, quindi, si profila tutt’altro che rassicurante ma piuttosto legato alla volontà di accrescere la propria economia domestica ed auto-affermarsi come una grande potenza. A fronte di una globalizzazione che, per quanto si dica in recessione, si profila ancora galoppante l’unico modo per sopravvivere nei mercati è tutelare la produzione locale a partire dal piccolo gesto del piccolo consumatore.
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