Di Luca
In diversi articoli abbiamo espresso quanto la cinematografia rappresenti un ruolo importante non solo nel nostro immaginario, ma anche come mezzo di trasmissione per messaggi politici, etici ed alcuni si può dire abbiano una vera e propria filosofia.
E’ inutile dire quanto sia forte il potere del grande schermo, che oltre ad essere un’arte è un potente mezzo di comunicazione. Come per un libro, ognuno può avvalersi delle proprie facoltà per dare un’interpretazione soggettiva del messaggio e del senso di un film.
L’articolo di oggi è dedicato al film campione di incassi scritto e diretto da James Cameron, da poco uscito con il suo sequel: Avatar.
I film sono ambientati sul pianeta immaginario di Pandora, una luna del gigante gassoso Polifemo, sito a 4,37 anni luce dal pianeta terra. Il pianeta dell’universo ideato da Cameron è ricco di vita con una sua atmosfera ed una propria flora e fauna, nel quale vive una razza umanoide chiamata Na’vi per i quali i problemi iniziano nel momento in cui gli uomini scoprono l’unobtainium, un minerale incredibilmente prezioso per le sue propietà di conduttore del quale il pianeta pullula di giacimenti. Dalla terra si decide di inviare su Pandora una azienda per l’estrazione del minerale, che avrebbe significato la svolta per la crisi energetica che stava avvenendo in quegli anni oltre a fruttare lauti guadagni.
Nonostante i numerosi tentativi gli uomini non riescono a convincere il popolo indigeno a fargli estrarre il minerale, rifiutando qualunque cosa fosse loro proposta in cambio.
I Na’vi si dimostrano fortemente legati alla propria terra e venerano una divinità chiamata “Eywa”, la Grande Madre fatta di tutte le cose viventi e protettrice dell’equilibrio naturale di Pandora, che si rivela essere più di un semplice ecosistema ma si tratta di un pianeta vivente un organismo nel quale ogni creatura è interconnessa. Gli uomini rifiutano di comprendere la loro spiritualità e la vera ricchezza di Pandora che va oltre al denaro ed alle risorse minerarie.
Quando gli uomini scelgono di impugnare le armi per ottenere ciò che vogliono i Na’vi non si tirano indietro ed iniziano a combattere per cacciare l’invasore alieno.
Tutto il film è intriso di etica della guerra, ogni membro della tribù è conscio del suo dovere nella difesa del propio territorio e della sua gente.
Se “essere significa combattere ciò che ti nega” è questo che fanno i Na’vi: imbracciano le armi per poter mantenere il proprio modo di vivere e le loro tradizioni contro un nemico che vuole trasformarli in una colonia, promettendo loro infrastrutture e tecnologie che però finiranno per sostituire e distruggere la loro identità.
La loro guerra non è combattuta per scopi di dominio. Si tratta di una disperata lotta per la propria esistenza contro gli interessi economici e la fame di denaro del loro invasore. Ciò che Cameron rappresenta in questo film è una guerra del sangue contro l’oro.
Tali vicende non trovano vita solo nella Fantascienza ma sono una realtà attuale e storica che molti popoli del mondo hanno dovuto affrontare per difendere ed affermare se stessi.
Si pensi alle tribù dei nativi americani, all’europa durante la seconda guerra mondiale all’Afghanistan, alla Siria, all’Iraq ed ancora oggi alla Palestina e alla guerra del popolo Karen contro l’esercito birmano al soldo delle multinazionali.
Quando si guardano film del genere non limitiamoci ad ammirare gli spettacolari effetti della computer grafica alla coinvolgente storia. Cerchiamo quanto più di interiorizzare il messaggio profondo che ci lasciano. Nel caso di Avatar è che ognuno un dovere nei confronti della propria terra e della propria gente e dobbiamo essere sempre pronti a difenderla per salvaguardarne il futuro o anche la sua esistenza perché quella realtà di un pianeta lontano è molto più vicina di quanto si pensi.
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