di Enrico

Poco più di una settimana fa il mondo accademico tedesco, europeo e forse anche mondiale, è stato travolto da una nuova e impensabile scoperta. Considerando la mole e l’onnicomprensività del suo pensiero e l’enorme quantità di testi che ha scritto e pubblicato, pensavamo di conoscere e di aver già sufficientemente approfondito il suo pensiero. E invece no. La filosofia ci dimostra nuovamente, stavolta attraverso altre vie, di non essere sapere morto e fine a sé stesso: oltre quattromila pagine inedite di lezioni universitarie di Georg Wilhelm Friedrich Hegel hanno rivisto la luce.

Nato a Stoccarda nel 1770, Hegel è sempre percepito dagli studenti di liceo come un vero e proprio incubo. E da un certo punto di vista ciò è perfettamente comprensibile: l’insegnamento scolastico di Hegel (e della filosofia in generale), vuoi per la restrizione del tempo disponibile, vuoi per l’enorme vastità del programma, risulta estremamente nozionistica e poco comprensibile. Di conseguenza non c’è troppo da stupirsi se persino il pensiero di uno dei massimi esponenti della filosofia occidentale risulta noioso. Ma è davvero così? La filosofia è davvero qualcosa di noioso e polveroso?

Innanzitutto, bisogna comprendere un fattore fondamentale. Quando un filosofo è davvero morto? Si può dire che ciò avviene quando il suo pensiero viene completamente superato e mai più preso in considerazione, né per essere preso a modello, né per essere criticato.

Ora, quando si parla di pensatori del calibro di Hegel è evidente che non siano affatto superati. Basti pensare al fatto che ogni filosofo a lui successivo, ha dovuto prima o poi confrontarsi con il pensatore di Stoccarda e, più in generale, con la corrente dell’Idealismo tedesco. E adesso, con la scoperta di questo piccolo-grande tesoro da parte del ricercatore Klaus Vieweg, ne stiamo avendo conferma.

Queste quattromila pagine di appunti e di trascrizioni delle lezioni di Estetica, scritte da uno dei più fedeli studenti e seguaci di Hegel (il patriota tedesco Friedrich Wilhelm Carové), ci offrono una nuova chiave interpretativa del pensiero hegeliano (soprattutto quello giovanile), per vari motivi che ora andiamo ad esaminare più da vicino.

In primis, potranno essere un ottimo strumento di confronto e di paragone con le Lezioni di Estetica che già erano in nostro possesso, quelle tenute da Hegel in un periodo che va dal 1818 al 1828-29 circa. Esse appartengono al pensiero della maturità, quando Hegel insegnava all’Università di Berlino ed era ormai divenuto uno dei massimi esponenti del pensiero filosofico della sua epoca. Questi appunti inediti invece risalgono ad un periodo, quello trascorso all’Università di Heidelberg, in cui Hegel stava ancora affinando il suo pensiero, quindi con delle somiglianze ma anche delle divergenze rispetto al pensiero successivo. Inoltre, essendo frutto dell’opera di due studenti diversi, si potrà vedere quanto erano realmente affidabili le “Lezioni di estetica” su cui sino ad ora ci si è basati, quanto in esse ha contato l’opinione dello studente che ha redatto gli appunti e via dicendo.

In secundis, trattandosi di lezioni di Estetica, questi appunti ci danno un’immagine più chiara del pensiero giovanile di Hegel sull’arte, sulla religione e persino sulla libertà. Da una prima “occhiata” data al manoscritto dai ricercatori che lo stanno già studiando, si può parlare di lezioni dense di contenuti: che spaziano dalla Poetica di Aristotele, l’Antigone di Sofocle e le commedie di Aristofane, passando per l’Amleto di William Shakespeare, fino ai contemporanei di Hegel, come Goethe e Schiller.

Senza tener conto del fatto che con questo potremmo avere una nuova prospettiva e una nuova chiave interpretativa per leggere e studiare gli autori sopracitati.

Detto tutto ciò, siamo davvero certi che la filosofia sia davvero pensiero morto o fine a sé stesso? Visti gli effetti che può produrre una scoperta come questa (la quale, se paragonata alla mole di tutti gli altri testi hegeliani già a nostra disposizione, può perfino apparire marginale), possiamo affermare con certezza: “No, i filosofi non muoiono mai!”

Per concludere e anche per rafforzare la nostra tesi, non potrebbe esserci di meglio che un brevissimo estratto di una serie di Lezioni sulla storia della filosofia, tenute da Hegel a Berlino tra il 1825 e il 1826 (nella speranza di poter presto leggere le Lezioni da poco ritrovate):

“Nostro oggetto è il pensiero, il lavoro del pensare, il pensiero libero che ha a che fare con sé stesso. Il pensiero non è qualcosa di vuoto e di astratto, ma è capace di determinare ed è capace di determinare sé stesso: esso è insomma concreto per essenza”

(G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia)