La natura come solco, l’eccellenza come fine, la bellezza come orizzonte.

Quante volte abbiamo sentito o utilizzato questa celebre citazione di Dominique Venner? Tre parole testamentarie che risuonano nelle nostre sezioni a monito di ciò che serve per far risorgere la civiltà europea e dargli nuova forma.

Allo stesso modo queste parole riconoscono nel loro opposto il nemico della nostra visione del mondo. Sebbene tale considerazione possa apparire tracotante nell’affermare, seppur velatamente, che la bellezza sia raggiungibile esclusivamente attraverso la nostra  weltanshauung, non lo è affatto.

Per bellezza non si intende quella soggettiva, futto di gusti personali o sensazioni di stomaco, ma una bellezza universale che dà prova di essere tale in quanto dimostra di essere giusta, poiché dura nel tempo e  funziona come si deve.

La bellezza è quindi frutto dei primi due elementi dell’aforisma sopracitato, il risultato dell’eccellenza raggiunta attraverso il solco della natura.

Solo ciò che è fatto secondo natura e in armonia con essa è in grado di durare e dar vita alla bellezza.

Il tutto può forse riassumersi meglio nella kalokagathia ovvero la concezione greca del bene connessa all’azione dell’uomo che sostiene una complementarità tra ciò che è “bello”  (kalòs) e ciò che è “buono” (kagathòs) ovvero:

Ciò che è bello non può non essere buono ma ciò che è buono è necessariamente bello.

Per Platone in un mondo ideale dove suprema bellezza coincide con la perfetta bontà ed è il “bello e buono” che spinge gli uomini a imitarlo nel loro comportamento morale.

Un mondo che è privo di bellezza in cui si possano riflettere gli uomini non darà frutto a niente di buono.

L’arte, di qualunque tipo, nella storia ha sempre avuto in un modo o nell’altro una funzione “didattica” ispiratrice, specialmente per i più giovani e per le componenti meno alfabetizzate del popolo.

Non serve saper leggere o scrivere ne tantomeno studiare per sentire dentro di se l’enorme forza suscitata dalla visione di un imponente edificio di marmo come il Colosseo, una statua di Canova, una sinfonia armoniosa, un quadro di una battaglia. Uno sguardo silenzioso che lascia intendere alla nostra mente ciò a cui apparteniamo.

E’ più facile controllare ciò che è debole, senza radici, che un modello di riferimento virtuoso. Privare i nostri popoli di un’arte che riflette esempi eroici e le virtù dell’uomo, rimpiazzandola con nuovi modelli di riferimento mortificanti e con la nuova bellezza “democratica” in cui tutto può essere bello sta di fatto azzerando l’asticella invitando l’uomo ad evitare il vero slancio verso l’eccellenza perché divenuta un qualcosa di normale e alla portata di tutti e quindi non più tale.

La massima espressione di bellezza è proprio la natura, è attraverso essa che gli antichi hanno dato forma al divino, chi è contro la bellezza è contro anche alla natura.

Essa va alla continua ricerca dell’eccellenza ed è tutto fuor che democratica. Ciò che è debole, ciò che è precario, ciò che è sbagliato prima o tardi viene spazzato via, senza riserve, in un modo o in un altro. Per questa ragione la natura è il definitivo spartiacque fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato ed al suo giudizio non ci si può sottrarre. Ciò che è fatto seguendo il solco del denaro con il fine ultimo del guadagno non potrà mai essere bello e tantomeno eterno perché manca dei prerequisiti fondamentali per essere tale ed è destinato a soccombere.

Ecco che dietro a queste brevi considerazioni si palesa il ciò che è sbagliato, ciò che è nemico del mondo e dei popoli.

Non a caso la distruzione di ciò che è bello è spesso oggetto delle proteste a marchio antifascista. Dai “black lives matter” dove si imbrattavano le statue passando per la cancel culture che cerca di rimuovere quelle di personaggi a loro “scomodi” fino all’ambientalismo mainstream ed alle proteste dell’ultimo periodo in cui si imbrattano le opere d’arte per chiedere di smettere di usare i combustibili fossili.

Basti solo pensare agli orrori che si intravedono in manifestazioni, raduni o anche solo negli striscioni di una certa parte politica  la quale sembra non andare d’accordo con il semplice senso estetico.

Il comune denominatore di tutte queste proteste è proprio l’attacco a ciò che è bello, a ciò che è sinonimo di eccellenza.

Un gruppo di ambientalisti che imbratta la “Primavera” di Botticelli dopotutto sta facendo un attacco contro qualcosa che è ispirato alla stessa natura che loro vorrebbero difendere e creato dal genio dell’uomo che vorrebbero “salvare dall’estinzione”

Sebbene dubito che le loro proteste siano pensate in tale maniera, come un attacco alla bellezza intendo, e di conseguenza alla nostra civiltà, sicuramente sarà il futuro di quest’ultima a subirne le conseguenze. Ogni attacco alla bellezza, in questo caso a quella artistica, è un attacco a noi stessi, a prescindere dai motivi della protesta.

Quindi coltiviamola e dedichiamoci ad essa in ogni aspetto della nostra vita perché  sarà la bellezza a salvarci da un mondo dove regna il brutto, il debole, il denaro e lo squallido grigio dell’uguale.