di Jen
Per chi mastica nozioni di geografia e di economia è all’ordine del giorno dire che l’Italia è un paese di piccole e medie imprese. Queste entità non sono nient’altro che l’evoluzione di quell’artigianato che ha sempre caratterizzato il sistema economico della penisola fin dai tempi del medioevo come attestano le numerose corporazioni di cui si ha testimonianza.
Insomma, è chiaro che in Italia non c’è posto per le tanto odiate multinazionali che trovano spazio e un terreno favorevole solo nel settore dei servizi limitatamente alle grandi metropoli o alle città iconiche. Il genio Italiano, riprendendo una posizione fortemente sostenuta tra le righe da Galileo, sta tanto nelle grandi menti quanto nelle instancabili mani che hanno reso il nostro prodotto artigiano unico, inimitabile ed estremamente di nicchia.
La storia di oggi parte proprio da queste doverose considerazioni e ci porta nel Casertano, quindi lontani dal distretto orafo vicentino, che insieme ad Arezzo e Valente Po costituisce la massima rappresentanza italiana, dove un giovane imprenditore è riuscito ad ottenere delle commesse molto importanti da esportare nel mondo grazie alla mediazione di Oromare (ndr un centro che riunisce tutte le eccellenze campane in materia orafa).
Tutto parte da un banchetto espositivo a Borgo Orefici e si trasforma in una scintillante realtà in cui i committenti principali risiedono nella zona orientale del globo. Risulta chiaro, quindi, che la domanda non manca ma troppo spesso l’offerta scarseggia. Il motivo va sempre ricercato nelle istituzioni che, non impegnandosi nel progetto di diffusione del made in italy, forse troppo prese a dar bado ai dettami della tecnologia e dell’agglomerazione, non investono nella formazione. La conseguenza (quasi scontata) è un annichilimento di un settore che, per necessità ma soprattutto per scelta, rimane fortemente legato all’artigianato e divincolato dalle tecnologie.
Questo modus operandi necessita di una manodopera fortemente specializzata che scarseggia e non permette che venga realizzato a pieno il grandissimo potenziale di esportazione che queste microscopiche aziende hanno. Arduino Zappaterra, poi, ha sottolineato come siano necessarie anche delle politiche ad hoc (leggasi: tutela del diritto d’autore e sgravi fiscali) che tutelino le aziende orafe non limitatamente ai distretti riconosciuti (le cui decisioni sono in capo all’autorità regionale) ma che abbiano un’applicazione su scala nazionale in modo tale che venga incentivata una rete d’impresa che colleghi i diversi attori dislocati sul suolo italiano.
La vicenda di Walter Cicellini ci dimostra ancora una volta come le eccellenze italiane sono fortemente apprezzate all’estero ma poco tutelate sul suolo nazionale.
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