di Saturno

I significati delle categorie politiche (come ad esempio destra, sinistra, centrismo, populismo, liberalismo, nazionalismo,) in genere variano in base ai contesti nazionali, storici e alle correnti interne a alle ideologie. Conservatorismo, ad esempio, è una definizione data al pensiero del dover mantenere lo status quo, un concetto affine a quello di reazionarismo che in genere viene usato per descrivere chi si oppone attivamente ad una rivoluzione.

Nel contesto sovietico potremmo definire conservatori coloro che si opposero alle riforme di Gorbačëv e forse potremmo anche definire come reazionari quelli che tentarono il colpo di stato dell’agosto ‘91. Nel contesto statunitense invece, storicamente potremmo definire conservatore chi difende i valori su cui i padri fondatori hanno costruito gli Stati Uniti come la libertà individuale, l’uguaglianza (illuminista) di tutti gli uomini e il diritto di possedere le armi.

Nel contesto italiano la parola “liberale” viene associata alla destra ed usata per indicare chi vuole “meno stato” e più libertà economica (meno intervento statale in economia, meno tasse, meno regolamentazioni), mentre l’equivalente inglese della stessa parola (“liberal”) ha negli USA un significato quasi opposto in quanto i liberali americani sono coloro vicini al Democratic Party (lì considerato come partito di sinistra) e sostenitori di “più stato” (più regolamentazioni sulle armi, più welfare, più tasse ai ricchi). Ma anche nel contesto italiano stesso, liberale oggi ha un significato diverso rispetto ai tempi di Mazzini.

Così come all’interno delle stesse ideologie potremmo usare questo genere di linguaggio per definire le varie correnti di pensiero, ad esempio esistono i socialisti che nel senso classico del termine sono internazionalisti e vorrebbero costruire il socialismo per l’intero pianeta, e i socialisti nazionali (o nazionalisti) che vogliono il socialismo ma solo nel loro contesto nazionale (si pensi ai vari separatismi di sinistra in Europa, come quello catalano). Anche all’interno del fascismo storico (così come nel “neofascismo”) ci sono varie correnti categorizzati in definizioni teoricamente opposte come destra e sinistra.

“Progressismo” è una parola che storicamente ha vari significati, ma oggi in praticamente tutto l’Occidente descrive la stessa determinata corrente di pensiero (associata alla sinistra), ed è proprio di questo concetto di progressismo che voglio parlare. I progressisti vedono lo stato di sviluppo di una società come una linea orizzontale in cui se si va avanti è progresso, ma se si va indietro e regresso, se si è avanti si è avanzati e moderni, se si è indietro si è retrogradi, arretrati e medioevali.

Per i progressisti di oggi a determinare la posizione di una società su questa linea sono i diritti delle minoranze (adozioni per le coppie omosessuali, facilitazione per gli allogeni nel prendere la cittadinanza, leggi specifiche per tutelare determinate minoranze da presunti “crimini d’odio”, maggiore presenza di minoranze in film e serie TV), la normalizzazione culturale del disturbo di genere (pagare con fondi pubblici le operazioni per il cambio di sesso, permettere ai bambini di intraprendere il percorso di transizione, far competere negli sport femminili atleti maschi che si identificano in donne, carriera alias), l’aumentare “l’inclusività” della società (bagni genderless, eliminazione del “linguaggio sessista”), i diritti delle donne, o presunte tali[1] (quote rosa, aborto sempre e comunque).

Qualunque forma di nazionalismo e sentimento patriottico va visto con diffidenza, in una società (per loro) avanzata non sono permessi l’amore della propria identità culturale, del proprio popolo e della propria patria, o per lo meno non sono permessi ai bianchi.

In base a questi standard si definisce la linea su cui si posizionano i vari stati. Da questo punto di vista i Paesi scandinavi stanno più avanti di tutti. L’Ungheria? In fondo tra le nazioni europee. L’Italia? Meh, così così… non troppo avanti ma neanche troppo indietro. Il modo di pensare dei progressisti è però a suo modo contraddittorio. Essi non ci pensano due volte ad attaccare l’Occidente, i suoi Paesi, le sue culture e la sua religione poiché ritenuti retrogradi. Ma utilizzando gli stessi standard guardando all’intero pianeta anziché solo all’Occidente, i popoli occidentali risultano essere i più superiori al mondo (in Asia, Africa e Medio Oriente non è che tengono tanto a cuore i diritti degli omosessuali o i bagni genderless), non a caso come sinonimo di “modernizzazione” viene usata la parola “occidentalizzazione”. Quindi, senza rendersene conto, si fanno portatori di quella mentalità “colonialista”, che tanto dicono di odiare, da uomo bianco occidentale che si crede superiore al resto del mondo considerandolo arretrato e da “civilizzare”.

Ma tralasciando questa contraddizione che hanno i progressisti, bisogna comprendere che il progressismo di per sé è un’ideologia insensata in quanto basata sul falso presupposto che il concetto di progresso sia oggettivo ed universale. I popoli hanno culture, storie, valori e modi di pensare diversi tra di loro, ad esempio la religione è un’enorme “spartiacque” tra popoli. I musulmani ragionano in modo diverso dei cristiani, così come i cristiani stessi ragionano in modo diverso tra di loro in base alle loro correnti (es. cattolicesimo e protestantesimo). Il cristianesimo a suo modo è stata la più grande e antica ideologia universalista ed “egualitaria” della storia, ed è stupido per un individuo appartenente a una cultura sviluppatasi su tale religione guardare e giudicare negativamente (es.) gli indiani (che invece sono grossomodo rimasti indù) per il loro sistema di caste. Certi popoli storicamente non hanno mai avuto la proto-democrazia ateniese, il cristianesimo, l’illuminismo e il femminismo, pertanto non hanno mai elaborato e digerito il concetto del “siamo tutti uguali”. Ed anzi, il progressismo di per sé non è riconosciuto come universale neanche nei paesi occidentali in quanto vi sono tematiche su cui le varie popolazioni si spaccano (aborto, adozioni gay, immigrazione, ecc.).

I valori morali non sono uguali per tutti ma variano in base a pensieri e ideologie dei singoli individui, alle culture dei popoli e al susseguirsi dei periodi storici, noi non siamo superiori o inferiori ai nostri antenati medievali, così come non siamo moralmente superiori ad altri popoli e nazioni. Di conseguenza possiamo dire che il progresso, inteso come evoluzione positiva dei valori, non esiste; non si è superiori o inferiori ma solamente diversi. Chi ha la presunzione vedersi come sostenitore del progresso e di accusare chi non la pensa come lui di essere retrogrado, arretrato, e medioevale, ha la stessa levatura intellettuale di Homer Simpson (un idiota) stravaccato sul divano che dice “sono tutti stupidi tranne me”.


[1] Con “presunte tali” faccio riferimento al fatto che il concetto di donna che hanno i progressisti è allargato anche agli uomini che si auto-identificano in donna. Che senso parlare di diritti delle donne, ad esempio chiedendo le quote rosa, se poi la società accetta come donna anche chi ha il pene?