di Enrico
Molto spesso tendiamo a sovrapporre e a mescolare i termini “impero” e “imperialismo”, andando quindi poi incontro al rischio di non capire più la vera essenza di queste due parole. Ad esempio, si utilizza la dizione “Impero Britannico” per riferirsi ad un sistema coloniale che affonda le sue radici in quella che, soprattutto nei manuali scolastici, è nota come “età dell’imperialismo” (la seconda metà del XIX secolo).
Nel corso della storia umana molti sono gli imperi che hanno dominato grandi porzioni del globo, ma oggi sembriamo non capire più qual è quella linea di demarcazione tra il concetto di Impero e l’imperialismo. Possiamo dire che le differenze tra questi due termini risiedono essenzialmente in tre fattori: presupposti, metodi e finalità a causa dei quali un popolo o una nazione dominano sugli altri. E adesso andremo ad analizzarli uno per uno.
I presupposti dell’imperialismo sono essenzialmente la necessità di grandezza territoriale ed economica di una nazione a discapito delle altre. I metodi con cui esso si afferma sono generalmente economici e/o militari, ossia la conquista tramite il potere economico-commerciale o manu militari di una determinata area geografica. Le finalità dell’imperialismo si ricollegano infine ai suoi presupposti: la crescita del prestigio e del potere della nazione che domina attraverso lo sfruttamento e la sottomissione dei popoli dominati. L’imperialismo poi cerca di mascherare le proprie nefandezze attraverso le giustificazioni più disparate, spesso dicendo di prendere come modello i grandi imperi del passato (come l’Impero Romano). Ma, come avrebbe detto Berto Ricci, costoro nominano invano quell’assoluto politico che è l’Impero.
L’Impero si basa infatti su tutt’altre premesse e condizioni.
Per capire meglio il terreno su cui ci stiamo muovendo, partiamo citando uno dei testi fondanti della cultura europea; l’Eneide di Virgilio.
Nel VI Libro del poema, Virgilio canta la missione imperiale affidata ai romani:
“Tu, Romano, ricorda
(Eneide, Libro VI)
di governare le genti:
queste saranno le tue arti.
D’imporre la civiltà con la pace,
risparmiare gli arresi
e sconfiggere i superbi”
Ora, è vero che l’Eneide è un poema che, pur essendo grandioso, cerca di glorificare Gens Iulia e il suo esponente maggiore Ottaviano Augusto. Però, come si può ben vedere da questi versi, il paradigma è radicalmente diverso.
I metodi di creazione di un Impero possono certamente passare attraverso azioni militari, ma passano soprattutto attraverso l’espansione di un’idea. Quel livello di eticità proprio dei conquistatori raggiunge anche i conquistati. Le finalità dell’Impero, infatti, rientrano soprattutto nella sfera dell’ethos e, se vogliamo anche dell’ideologia. Ricollegandoci ai presupposti, possiamo vedere come in un Impero emerge, forte e chiara, la volontà di portare anche agli “arresi” un nuovo mondo (come canta Virgilio nell’Eneide). Prendiamo questi due esempi; l’Impero Romano e la Francia post-rivoluzionaria. Entrambi hanno mosso guerre di conquista, che sono state talvolta viste come un oltraggio alla libertà. Ma da queste guerre è nato forse un mondo in cui i vincitori dominavano e sfruttavano senza pietà i vinti, come accade nel caso dell’imperialismo? No. Agli sconfitti è arrivato il mondo nuovo: i Galli o gli Iberici sono stati pienamente integrati nella cultura romana, spesso conservando alcune delle loro usanze e delle loro divinità. Allo stesso modo, l’Europa tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento ricevette un nuovo mondo che nasceva all’orizzonte: il codice civile (basato, tra l’altro, sul diritto romano), la fine dell’Antico Regime e persino il sentimento nazionale, come dimostrano i moti nazionali e rivoluzionari che nasceranno solo pochi anni dopo la caduta dell’Impero Francese, nel 1820-21, nel 1830-31 e infine nel 1848.
Un simile progetto di “Impero ideologico” venne ripreso persino durante il Fascismo. Celebre è infatti il motto della Scuola di Mistica Fascista: “Per orbis unionem sub Lictorii signo”, l’unione del mondo sotto il segno del littorio. Altrettanto interessante fu l’esperimento dei CAUR (Comitati d’Azione per l’Universalità di Roma), l’idea di riunire i movimenti fascisti d’Europa sotto la guida di Roma. Di nuovo, perché l’Italia aveva il diritto-dovere di “governare le genti”, come recita il passo dell’Eneide citato? Perché l’Italia, come avevano fatto l’Impero Romano e quello Francese, aveva donato al mondo i nuovi valori, in quanto patria indiscussa del Fascismo.
Insomma, la nostra missione imperiale è chiara e ben definita da più di ottant’anni. Spetta a noi decidere se tale missione tornerà a tracciare il solco della storia o se invece rimarrà solo il ricordo di un’occasione perduta.
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