Di Jen
Chi lo ha detto che tecnologia e gli antichi non hanno nessun punto in comune? E che la storia e l’high tech siano del tutto incompatibili? Uno studio dell’università della Svezia ha definitivamente messo fine a questo luogo comune e ha brevettato un sistema in cui l’intelligenza artificiale viene utilizzata per datare con precisione i resti umani antichi.
Si parla del Temporal Regulation Structure, o altrimenti abbreviatamente del TPS, ed è un metodo di datazione basato sullo studio del DNA e più precisamente dei genomi che vanno dal tardo mesolitico ad oggi. Questo sistema va non solo a sostituire ma anche a migliorare i risultati della datazione con il radiocarbonio che si era diffusa negli anni 50 che, seppure fortemente innovativa per i tempi e molto utile per gli archeologi e gli studiosi, portava a risultati non troppo precisi che si dimostravano inconcludenti anche al fine di mappare le popolazioni ed avere uno schema chiaro dell’andamento migratorio.
Un’analisi più chiara degli spostamenti delle persone nel corso della storia antica risulta avere un’utilità interdisciplinare e quindi è fondamentale che si ricostruiscano gli schemi migratori con più accuratezza possibile.
Naturalmente, una tecnologia così innovativa, prima di essere lanciata è stata testata accuratamente verificando la veridicità delle risposte in base a quelle che già si hanno sulle date conosciute e le relazioni di parentela che sussistono tra le varie tipologie di resti di cui disponiamo.
Il TPS, poi, vanta anche un altro grande successo ovvero la capacità di studiare i tratti fenotipici, ovvero le caratteristiche somatiche di un determinato individuo, e le loro evoluzioni nel tempo. Ad ora, però, questo metodo rivoluzionario dimostra di essere purtroppo limitato visto che riesce ad agire al massimo su resti databili 10 mila anni fa e quindi non può sostituire del tutto la datazione con il radiocarbonio.
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