Di Elena
Di democrazie ne esistono tanti tipi e nessuno di questi riesce a primeggiare sull’altro, nessuno quindi si dimostra meno imperfetto dell’altro. L’ideale democratico è un tormentone dell’età contemporanea che le persone credono essere il migliore dei sistemi di governo possibili, come l’universo leibniziano.
La democrazia avrebbe lo scopo e la particolarità di essere il sistema di governo più inclusivo perché permetterebbe ad ogni cittadino di poter dire la sua. Ma è veramente così? Come tanti altri sistemi di governo, anche la democrazia prima o poi lascerà il posto ad altro, ma fino a quel momento possiamo dilettarci parlando delle tante proposte avanzate da teorici morali difensori dell’ideale democratico, probabilmente loro erano i primi a non credere al proprio lavoro.
Jurgen Habermas, tedesco membro della scuola di Francoforte, nel 900 si impegna nella difesa della democrazia, in particolare di quella deliberativa. Per Habermas, se da un lato i liberali erano troppo legati alle teorie economiche, dall’altro i repubblicani favorivano l’insorgere di un certo grado di comunitarismo, la forma deliberativa è la migliore soluzione che garantisce la partecipazione dei cittadini nella vita politica.
Ma come funziona la democrazia deliberativa per Habermas? L’idea centrale è quella di rendere i cittadini partecipi al massimo grado nella vita politica. Ogni cittadino dovrebbe quindi partecipare a delle assemblee per discutere di argomentazioni di ogni genere con lo scopo di raggiungere la verità (quindi la maggioranza, per forza di cose qualcuno ne rimarrebbe comunque escluso).
Grazie all’agire comunicativo, gli interlocutori entrano in comunicazione l’uno con l’altro allo scopo di raggiungere un’intesa (o almeno di arrivare alla comprensione reciproca). L’intesa deve creare consenso quindi convincere scongiurando il fallimento, che bel sogno! L’obiettivo è raggiungibile solo se tutti i cittadini si impegnano a partecipare attivamente alla vita politica, proponendo e discutendo, abrogando e promuovendo.
Come è chiaro, gli attori sociali di questa comunità immaginaria tenderanno a perseguire i propri personalissimi obbiettivi e non il bene e la salute della comunità, quindi si accorderanno e scioglieranno in base al raggiungimento dei loro scopi. Non possiamo dare per scontato che l’intera comunità accetti eticamente il proprio ruolo sociale attivo all’interno di un’assemblea, in questo modo ci saremmo completamente dimenticando della soggettività umana che reca con sé l’istinto all’autoconservazione e all’autodeterminazione. Così affermando, smontiamo il fatto che il fine di una delibera sia il bene comune. A monte ancora, possiamo obbiettare che non si può obbligare l’intera cittadinanza alla partecipazione politica con mezzi che siano ‘’democratici’’.
Oggi come oggi, le obiezioni che potrebbero essere mosse contro Habermas, sono molteplici. Una su tutte è sicuramente relativa ai mass media, già conosciuti dall’autore (ed evidentemente ignorati). Una persona che appare frequentamene sui media ha un’ascendente sugli individui e questo non può non spostare l’attenzione della massa che quindi non sarà del tutto sé stessa nel momento in cui dovrà scegliere se promuovere o meno una proposta politica.
In sostanza, cari amici democratici, dall’alto del vostro piedistallo cercate di vedere oltre il banco di nebbia che vi siete costruiti sotto. Le libertà non sono slogan.
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