di Enrico
Da sempre la filosofia si interroga su quale sia l’essenza della natura umana (posto che tale natura esista). Secondo Aristotele e i suoi seguaci, essa è caratterizzata dalla naturale tendenza dell’uomo a vivere in comunità, ad aggregarsi ad altri suoi simili e di conseguenza a cercare di convivere pacificamente con essi. E questa tendenza viene riassunta nell’espressione secondo cui l’uomo è ζῷον πολιτικόν (zoon politikon, ovvero “animale sociale”).
Ma da un po’ di tempo abbiamo la sensazione che questa teoria non sia affatto valida, anzi. Siamo sempre più convinti del contrario, sempre più convinti che la violenza e la sopraffazione siano qualcosa di intrinsecamente connaturato alla natura dell’essere umano. Una situazione molto simile a quella che il filosofo inglese Thomas Hobbes chiama Stato di Natura. Si tratta essenzialmente di una situazione presociale e prestatale in cui regna il bellum omnium contra omnes, la guerra di tutti contro tutti. I segni di un ritorno ad una situazione del genere sembrano apparire più evidenti ad ogni nuova sparatoria di cui ci giunge notizia dagli Stati Uniti, ad ogni efferata violenza di cui leggiamo su un quotidiano. Tant’è che, probabilmente, quasi tutti conosciamo l’altra formula latina (ben più nota di quella già citata) di Thomas Hobbes: homo homini lupus, l’uomo è lupo per l’altro uomo.
Apparentemente, se gettiamo un rapido sguardo alla cronaca quotidiana, sembrerebbe prevalere questa tesi rispetto all’animale sociale aristotelico. Ma non dobbiamo farci ingannare.
Infatti, quando citiamo la famosa espressione hobbesiana homo homini lupus, spesso ci dimentichiamo di una cosa: la finalità di Hobbes non era certo quella di giustificare ogni violenza dicendo che “in fondo fa parte della natura umana” (come spesso viene utilizzata la formula oggigiorno).
Quello che il pensatore inglese nel “Leviatano” (1651) chiama Stato di Natura è un’astrazione tesa a giustificare e a rendere necessaria la sua teoria dello Stato Assoluto. Uno stato che, totalmente privo di limiti, può sedare nel sangue il prodotto di questa naturale tendenza degli uomini di farsi la guerra l’uno contro l’altro.
Premesso quindi il fatto che si tratta di un’astrazione, il dubbio resta; l’uomo è davvero intrinsecamente cattivo ed egoista? Insomma, l’uomo è davvero un lupo per l’altro uomo?
Quest’idea di una violenza insita nell’essere umano, indipendentemente dalla finalità con cui la si usa, convince poco almeno per tre motivi fondamentali:
- Dello Stato di Natura non esiste alcuna prova storica o scientifica; come già detto dunque, si tratta solo ed esclusivamente di un’astrazione
- Anche prima dello stato moderno, prima dei grandi imperi, prima dei regni dell’antichità (Sumeri, Egizi, Babilonesi ecc.) l’uomo ha sempre teso ad associarsi agli altri uomini. Infatti, anche laddove è quasi assente una forma statuale, gli uomini NON iniziano affatto a scannarsi a vicenda, come se fossero in preda ad una sorta di furore incontrollato. E, parlando di natura, questo atteggiamento è tranquillamente verificabile in moltissime specie di animali, due esempi su tutti: le api e i pinguini.
- La violenza, giusta o sbagliata che sia, a seconda delle circostanze, è sempre e comunque una scelta. Non è qualcosa in sé e per sé, non è qualcosa che esiste indipendentemente da tutto il resto. In questo senso, la violenza è un oggetto di cui ci si può servire.
Soffermiamoci in particolare su quest’ultima osservazione con questo esempio; immaginiamo di star passeggiando tranquillamente per le vie del centro della nostra città e all’improvviso vediamo un uomo intento a derubare una ragazza dopo aver percosso il fidanzato di lei. A questo punto, un uomo interviene picchiando a sua volta il rapinatore, nel tentativo di soccorrere i due aggrediti. A questo punto, sia il rapinatore sia l’uomo che è intervenuto, avranno compiuto un atto violento.
Le due azioni evidentemente non sono la stessa cosa; una era volta ad uno scopo deprecabile, l’altra ad uno scopo nobile ed altruista. Ma una cosa che accomuna il soccorritore e il rapinatore a dire il vero c’è; entrambi hanno fatto una scelta. Entrambi hanno scelto di comportarsi in modo violento; come il rapinatore ha scelto di servirsi della violenza per portare a termine i suoi scopi, allo stesso modo il soccorritore ha scelto di servirsi della violenza per aiutare chi ha subito le conseguenze della scelta del rapinatore.
Come il ladro poteva scegliere di comportarsi in modo più onesto, così anche il soccorritore poteva scegliere di voltarsi dall’altra parte o, peggio ancora, di limitarsi al cosiddetto effetto spettatore.
Ecco questa è la dimostrazione più evidente di come la violenza, indipendentemente dall’infimità o dalla nobiltà delle motivazioni che la scatenano, sia sempre e comunque una scelta e quindi un “oggetto”, non qualcosa di esistente in sé e per sé, indipendentemente da ogni cosa.
Dunque, per rispondere alla domanda da cui siamo partiti (e cioè homo homini lupus è una formula valida?), possiamo dire questo; l’uomo forse non sarà in tutto e per tutto animale sociale, ma da qui a considerarlo un pazzo assassino che, senza il controllo di uno Stato Assoluto, sarebbe pronto a uccidere, rubare e violentare, ce ne passa.
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