di Saturno

È impossibile seguire gli avvenimenti importanti nel mondo e non notare la presenza globale del terrorismo islamico. L’11 settembre 2001 e Al-Quaida, i talebani, più recentemente l’ISIS. Agli occhi di un occidentale di oggi l’estremismo islamico appare come un qualcosa di incomprensibile. Perché c’è gente che ammazza in nome di Dio?

Il terrorismo islamico può apparire come frutto di follia, ma la realtà è molto più complessa di così, per comprendere questo fenomeno è necessario conoscere la storia ed alcuni aspetti teologici. Col fine di avere una visione più chiara sul mondo musulmano e sul terrorismo islamico, analizzeremo alcuni fattori teologici islamici mettendoli a paragone col cristianesimo.

Per capire l’islam e il terrorismo islamico non bisogna soffermarsi solo sull’aspetto teologico, in quanto vi sono anche rilevanti aspetti storici e sociali che sono necessari a comprendere il fenomeno e che andrebbero sempre tenuti in conto, come ad esempio la fine del nazionalismo arabo (laico) con la guerra dei 6 giorni e l’ascesa dell’islamismo in Medio Oriente dopo la rivoluzione iraniana, oppure il fatto che alcuni giovani musulmani, “europei di seconda e terza generazione”, si fanno abbindolare dalla propaganda dell’ISIS per via della loro situazione di perdizione e disagio sociale più che per il loro fervore religioso. Importantissimi per la cessazione dell’estremismo religioso cristiano in Europa sono stati processi storici come l’Illuminismo, che non hanno però influito in ugual misura ed in egual forma in Medio Oriente

Tuttavia per evitare di fare un articolo troppo lungo, qui mi limiterò a trattare solo alcune delle questioni teologiche, la base che tutti gli occidentali dovrebbero conoscere per comprendere meglio l’estrema complessità del mondo musulmano.

Il problema degli occidentali è che cercano di comprendere società ad essi estranee con le proprie esperienze, le proprie categorie e i propri concetti. L’occidentale, conoscendo solo il cristianesimo come religione, pensa (sbagliando) che il principio del dover interpretare i testi sacri per capirne i concetti, anziché prenderli alla lettera, sia utilizzabile anche all’interno del mondo islamico; ci viene detto che chi prende i testi sacri alla lettera è un pazzo estremista. Ma la verità è molto più complessa di così.

I testi sacri di cristianesimo e islam sono la Bibbia e il Corano. La principale differenza tra questi due testi è la loro differente natura. Secondo la tradizione, la Bibbia è stata scritta da persone che erano ispirate da Dio, così come (nel nuovo testamento) da persone che hanno vissuto insieme a Gesù (gli apostoli) ed hanno voluto tramandare le loro storie mettendole per iscritto (nei vangeli), quindi non è stato Dio a scrivere (direttamente o indirettamente) la Bibbia.

Per quanto riguarda il Corano invece è l’opposto, esso (sempre secondo la tradizione) è stato scritto da Maometto che trascriveva la parola di Dio dettatagli dall’arcangelo Gabriele, quindi il Corano è letteralmente la parola di Dio, dettata sì in modo indiretto (tramite l’arcangelo Gabriele) ma pur sempre la parola di Dio, lettera per lettera.

Già qui si può iniziare a capire come mai ha senso parlare di dover interpretare i testi sacri del cristianesimo per comprenderli, mentre per il Corano il discorso è più difficile. Quando Dio stesso (un essere infallibile) detta un testo parola per parola non c’è molto spazio lasciato ad interpretazioni troppo stravaganti.

A dimostrazione del fatto che i musulmani sono tenuti a prendere molto più alla lettera i testi sacri basta vedere la questione delle traduzioni di Bibbia e Corano in lingue differenti dalle originali.

Il problema delle traduzioni si pone in quanto lingue sono strutturate in modo diverso e non ha senso tradurre parola per parola per poi fare un collage, perché così facendo si rischia di ottenere frasi senza senso; ad esempio basta pensare al quanto sarebbe sbagliato tradurre dall’inglese all’italiano le frasi parola per parola. Di conseguenza le traduzioni non devono essere testuali ma concettuali, bisogna comprendere cosa una frase vuole dire e poi tradurla con una frase in un’altra lingua che esprima lo stesso concetto, ma le lingue non hanno sempre parole per descrivere perfettamente lo stesso concetto quindi il significato originale si va in parte perdendo. Oltretutto il modo di tradurre le lingue dipende anche da chi effettua la traduzione, ad esempio due persone possono essere in disaccordo sul che parola latina usare per tradurre una parola ebraica, la quale non ha un preciso equivalente in latino, quindi il modo in cui è stato tradotto un testo dipende in parte anche dalla persona che lo ha tradotto.

La Bibbia originariamente raccoglie testi di diverse lingue: ebraico, aramaico e greco. Ma non essendo la Bibbia letteralmente la parola di Dio, la Chiesa Cattolica non si è fatta problemi nell’usare la traduzione latina. Ed anche se in età moderna inizialmente si oppose con forza alla diffusione di traduzioni della Bibbia dal latino al volgare (es. in tedesco), ciò fu dovuto più al voler arginare la riforma protestante che ad altro (ricordiamoci che il latino NON è la lingua originale). Sul finire dell’età moderna, comunque, la Chiesa smise di vietare le traduzioni volgari della Bibbia. In tempi molto più recenti, quando degli anni ‘60 la Chiesa ha iniziato a celebrare messe in italiano ha cominciato essa stessa ad usare una traduzione italiana della Bibbia.

Per quanto riguarda il Corano invece il discorso è l’opposto. Essendo il Corano LETTERALMENTE la parola di Dio (Allah), dettata al profeta Maometto per il tramite dell’arcangelo Gabriele, non è accettabile che il significato del messaggio di Dio possa essere modificato, anche se di poco, da traduzioni in altre lingue. La lingua con cui Dio ha comunicato il contenuto del Corano a Maometto è stata l’arabo e pertanto l’unica versione accettata del Corano è quella in lingua araba; questo è un aspetto universalmente riconosciuto all’interno dell’eterogeneo mondo musulmano. Questo non vuol dire che le traduzioni in altre lingue siano proibite, esse semplicemente non vengono considerate Corano ma piuttosto interpretazioni del Corano.

I musulmani, quindi, per la natura stessa della loro religione, non possono interpretare il Corano in modo troppo troppo “largo”.

Questo non vuol dire però che l’Islam sia un qualcosa di monolitico, anzi è l’esatto opposto, esso è un mondo estremamente eterogeneo. La divisione “sunniti e sciiti” è troppo semplicistica, in quanto esistono correnti dell’Islam estranee a queste due denominazioni, in primis l’Ibadismo che è presente come corrente maggioritaria solo in Oman. Le stesse correnti sunnite e sciite sono a loro volta divise in Madhhab (scuole giuridico-religiose) di correnti diverse. Alcune correnti sono considerate (secondo le categorie occidentali) come “moderate”, ed altre, come il wahhabismo, “estremiste”. Ma ci viene spesso detto che gli estremisti non sono veri mussulmani in quanto “l’Islam è una religione di pace”.

Tralasciando il dibattito se quelli che noi chiamiamo estremisti siano o meno veri musulmani, vorrei semplicemente analizzare la vulgata giustificazionista secondo cui l’Islam sarebbe una religione di pace; l’Islam è una religione nata proprio dalla guerra. I profeti-fondatori di cristianesimo e Islam sono Gesù Cristo e Maometto, analizziamoli dal punto di vista storico.

Gesù era una persona estremamente pacifica, che predicava la pace e il perdono. Cristo fu colui che disse “se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra”, oppure “amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”. L’unico episodio della vita di Gesù in cui egli fece uso della violenza fu quando cacciò i mercanti dal tempio rovesciando i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe.

Maometto invece era letteralmente un conquistatore militare che comandava eserciti. Unificò la penisola araba non solo con la predicazione, ma anche con la spada. La prima importante battaglia che ha combattuto (e vinto) fu, nel 624, la Battaglia di Badr, dove a campo di poco più di 300 uomini sconfisse un esercito di 1000 uomini della tribù (a lui ostile) della Quraysh. Ma Maometto non fece guerre solo contro gli arabi a lui ostili, bensì combatté anche contro gli ebrei di Medina e contro l’Impero Bizantino. Alla sua morte Maometto ha posto le basi politiche e militari per una successiva espansione armata dell’Islam che è proseguita dal Pakistan alla penisola iberica.

Come si può dire che una religione fondata da un conquistatore militare sia una religione di pace?

Sebbene sia lecito chiedersi se l’Islam promuova o meno, e fino a che punto, la violenza, è innegabile che esso non la condanni in modo sistematico come il cristianesimo, quindi fingere che il problema del terrorismo islamico non sia in alcun modo collegato alla religione ma alla pazzia di vari individui, è una spiegazione semplicistica, sbrigativa, giustificazionista e quindi sbagliata. Diffidate dei sinistroidi che ingannano le persone difendendo sistematicamente l’Islam definendolo una religione di pace, ma evitate di cadere dell’errore opposto credendo che i musulmani siano tutti uguali e tutti terroristi. Il terrorismo islamico è un fenomeno complesso da comprendere in quanto è parte di un mondo a noi estraneo e incomprensibile che non andrebbe giudicato “in blocco” con superficialità, sia da destra che da sinistra.