Di Rocco

Pochi giorni fa gli italiani sono stati chiamati alle urne per il Referendum sulla giustizia e, in buona parte del paese, per le elezioni comunali. Aldilà dei meri risultati politici – da segnalare FDI che supera la Lega anche nelle storiche roccaforti del nord, e un M5S sempre più in picchiata verso il basso – ciò che, ahimè, merita più attenzione è il vastissimo astensionismo registrato.

Si, perché l’affluenza totale è stata del 54%, e seppur in leggero aumento rispetto alle ultime amministrative di ottobre, conferma il fatto che 1 italiano su 2 rinuncia ad esprimere il voto.

Di gran lunga più tragica, ma di certo prevedibile, l’affluenza per il Referendum, che si è attestata al 20% circa, e in numerose regioni addirittura sotto il 15%. Il “record” negativo spetta al comune di San Giuliano di Puglia (Campobasso), dove è andato a votare appena il 6,93% degli aventi diritto. Considerando che gli abitanti sono circa 1000, più o meno 40 persone si sono recate alle urne. A voi le (amare) conclusioni. Come se non bastasse, si è anche dovuto assistere, per l’ennesima volta, alla solita tragicommedia all’italiana. Infatti, a Palermo, all’apertura dei seggi non si sono presentati 50 presidenti di Commissione, e ci sono volute ben 5 ore per sostituirli, molto probabilmente a causa della concomitanza con la finale play-off di Serie C Palermo-Padova.

Se, per quanto riguarda le amministrative, le cause, già ampiamente esaminate, vanno ricercate nella totale sfiducia e disaffezionamento verso il “Palazzo”, che vedono gli italiani versare in un vero e proprio stato di amechania, la (quasi) diserzione del Referendum nasconde motivazioni diverse e certamente doverose di essere approfondite.

I 5 quesiti referendari vertevano, in ordine, su: separazione delle carriere, valutazione dei magistrati, incandidabilità, misure cautelari e correnti del CSM. 

Temi importanti e delicatissimi che sono stati invece totalmente snobbati.

In primis, a causa del boicottaggio senza precedenti effettuato dall’establishment e dai media, su tutti PD e Repubblica che, in pieno silenzio elettorale, invitava i suoi lettori a votare per il no o ad astenersi, confermando, di fatto, l’immensa egemonia di potere nell’opinione pubblica italiana.

 Sul fronte inverso, troppo poco è stato fatto dai sostenitori del sì, in particolare Matteo Salvini, che dal celebre 34% dell’estate 2019, non sembra più averne azzeccata una. L’ingresso nel governo Draghi, la gestione della pandemia e l’elezione del Presidente della Repubblica hanno fatto crollare i consensi del Carroccio al 15%, espressione di un centrodestra chino su sé stesso incapace di proporre una visione unitaria e programmatica, con la Meloni a farne da padrone.

Parallelamente la tematica della giustizia ha suscitato poco interesse al cospetto di altri quesiti, bocciati dalla Consulta, come la legge sull’eutanasia e la cannabis legale, che avrebbero sicuramente goduto di maggiore attenzione e copertura mediatica, spingendo gli italiani al voto. Molte persone non sapevano nemmeno dell’esistenza di questo Referendum.

L’Unione Europea ha destinato una buona parte dei fondi del PNRR alla giustizia, ed in particolare per la riduzione della durata dei processi nel nostro paese. Attualmente, sono circa 1600000 i processi in sospeso in Italia, e la durata media è di 7 anni, mentre è di 3 anni negli altri paesi UE. Per far fronte a ciò, il Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, nella riforma che ha proposto, è intenzionata a far scattare l’improcedibilità dell’azione penale dopo 2 anni in appello e 1 anno in Cassazione. Le uniche proroghe verrebbero concesse ai reati di omicidio colposo, reati di mafia e violenza sessuale grave. Ma tenendo conto del fatto che la durata media di un processo in appello nei maggiori tribunali italiani è di 5 anni, con l’entrata in vigore della riforma, automaticamente per oltre il 50% dei processi per truffe, aggressioni, violenze sessuali semplici, morti sul lavoro, omicidi stradale e persino tragedie come quelle del Rigopiano, del Mottarone e del Ponte Morandi scatterebbe l’improcedibilità penale. L’ANM si è schierata compatta contro la riforma, e ha indetto, per la prima volta dopo 17 anni, uno sciopero nazionale.

Il numero dei magistrati in proporzione alla popolazione rispetto agli Stati dell’UE corrisponde alla metà o meno in molti casi, mancano i cancellieri, le forze di polizia giudiziaria e 1300 magistrati, per di più l’ultimo concorso in magistratura è stato un autentico disastro, solo il 5% dei candidati lo ha superato, e la restante parte, ha detta degli esaminatori, si è macchiata di gravi lacune di italiano e diritto nonostante le brillanti lauree in giurisprudenza.

Il sistema giudiziario è una vittima agonizzante, caduta a terra sotto i colpi del carrierismo sfrenato, dello strapotere delle correnti della sinistra giudiziaria e dalla fortissima contaminazione da parte della politica, che ha prodotto magistrati ideologizzati pronti a far scattare inchieste a orologeria, il più delle volte pretestuose, sul nemico di turno, col fine di destabilizzare lo scenario politico. E chiunque prova a contrastare o a rimanere fuori da questo sistema, viene individuato ed eliminato o, nel migliore dei casi, emarginato.

L’astensionismo e la noncuranza hanno impedito di poter sferrare un colpo, seppur minimo, a questo sistema, che ha necessariamente bisogno di essere riformato.

E così la Magistratura mantiene ancora di più lo status di casta autoreferenziale e intoccabile, nonostante gli scandali che l’hanno investita negli ultimi anni.