Di Andrea

Pochi giorni fa, a Peschiera del Garda, una folla di migliaia di giovani stranieri, quasi tutti di seconda generazione e provenienti dal territorio lombardo, si è riversata sul tratto di spiaggia del comune in provincia di Verona e ha creato disordini con vere e proprie scene da incubo (vandalismo, rapine, accoltellamenti), il tutto sfociato in risse e scontri. Questi eventi, che vedono coinvolti per la maggior parte giovani nordafricani, sono sempre più frequenti nelle nostre città, soprattutto nel nord Italia, e prendono esempio da simili accadimenti successi nel centro/nord Europa (Francia, Svezia, Belgio). La conseguenza è che i giovani italiani si trovano a doversi difendere e contrastare un attacco diretto da questi gruppi, etnicamente ben distinti, che pensano di poter fare da padroni nelle strade, di importare in Italia un modello Banlieue che altrove è già ben rodato con conseguenze tragiche per la popolazione autoctona.

Di grande importanza è comprendere l’entità del fenomeno che sta iniziando a prendere sempre più piede in Italia e che ormai è affermato in molti altri paesi europei, per poterlo così affrontare seriamente. Il fallimento del modello immigrazionista e di una società multirazziale è alle fondamenta del problema: le periferie italiane (nord Italia soprattutto) sono state utilizzate come recipiente etnico e ora si trovano in mano ad immigrati, di conseguenza lo scontro con l’elemento autoctono è inevitabile. Questi gruppi allogeni trovano forza nella comune ascendenza etnica (i giovani a Peschiera cantavano: “Questa è Africa!”) e la utilizzano per poter sfogare delle tendenze comuni a un certo tipo di cultura, istinti di gruppo naturali (conquista di spazio vitale, volontà di sopraffazione, affermazione tramite la violenza). L’ambiente sociale-culturale che permea le nuove generazioni, tramite la musica e i media, trova una giustificazione di queste condizioni: il “modello banlieue”, fatto di multietnicità e criminalità, trova, sempre nel nome del dio denaro, la vetta delle classifiche su Spotify o la bacheca di Netflix. Perché quindi questa moda anche quando poi sfocia in evidenti disastri? Semplice, perché è un modello sradicante, che porta i giovani europei a sentirsi inferiori e a scimmiottare queste baby gang di stranieri, spesso ad unirsi a loro, invece che riversarsi nelle strade per combattere le ingiustizie con la forza della propria gioventù ribelle.

La gioventù italiana ed europea troppo spesso rischia di cadere nel vittimismo fine a sé stesso, non comprendendo il reale attacco che sta subendo. La prevaricazione violenta di gruppi etnici estranei è solo uno degli agenti, al quale va aggiunto il pensiero “politicamente corretto”, ideologia gender e tutte le altre tendenze riduzioniste che indeboliscono lo spirito dei ragazzi. Spetta ai giovani europei contrastare con ogni mezzo l’appropriazione degli spazi vitali e di socialità da parte di gruppi estranei, iniziando ad alzare la testa nelle strade, imparando a difendersi e a difendere le persone care, ricercando quello spirito guerriero e combattivo tipico della stirpe europea che ormai vive solo in virtuosissime eccezioni.