di Patrizio
La recente aggressione militare attuata dalla Russia nei confronti dell’Ucraina ha riaperto delle enormi questioni geopolitiche, ormai in sospeso da tempo. Sentiamo molto parlare di un possibile attacco della Cina a Taiwan, di come i paesi scandinavi si sentano sotto attacco, spingendo per entrare nella NATO, ma c’è una situazione abbastanza lasciata in disparte, che merita tuttavia di essere approfondita: la questione georgiana.
La Georgia è uno stato nel Caucaso, incastonato fra Russia e Turchia, che vive gravi tensioni interne, sin dall’indipendenza dall’Unione Sovietica. Oltre a ciò, essendo confinante anche con Azerbaigian e Armenia, la situazione del vicinato non è delle migliori. Uno dei pochi ad aver accennato l’argomento nelle ultime settimane, è il vituperatissimo professore della LUISS Alessandro Orsini, che a Piazza Pulita su La7 ha introdotto il problema nel dibattito pubblico.
“[…] ora l’Unione Europea regala le armi agli Ucraini, ma dov’era la Commissione Europea quando era chiarissimo che Putin avrebbe sfondato il fronte? […] sta per scoppiare un’altra guerra nella Georgia, perché se guardate la cartina geografica, vedrete che le due situazioni (quella Georgiana e quella Ucraina, n.d.r.), sono speculari. In Georgia nel 2008, Putin ha fatto la stessa cosa che ha fatto nel 2014 in Ucraina, creando due repubbliche indipendenti per proteggere il proprio territorio nazionale, e noi in risposta nel luglio del 2021 abbiamo fatto come NATO una gigantesca operazione militare in Georgia.” È evidente, quindi, che l’ipotesi di Orsini sia che, aumentando le tensioni come con l’Ucraina, la NATO faccia scoppiare un’altra guerra in un altro stato limitrofo al nemico russo. Ma questa possibilità è realistica?
Nel corso dei secoli, la Georgia ha subito numerosi attacchi da più popoli, frammentandosi, e dopo l’invasione della Russia ad inizio ‘800, l’intero paese venne annesso. A seguito dell’indipendenza, ottenuta solo con la caduta dell’URSS, iniziò relazioni diplomatiche con la Russia, nonostante questa avesse spinto per l’indipendenza della regione dell’Ossezia del Sud, che però peggiorarono. A seguito di una seconda guerra, che si concluse nel 2008, la Georgia perse definitivamente la sovranità di questa regione e dell’Abcasia. In effetti, è chiaro come lo scenario sia simile a quello ucraino: la Russia punta ad indebolire i vicini soffiando sulle spinte indipendentiste locali e a mantenere uno spazio vitale tale da rimanere potenza regionale egemone.
Secondo numerose interviste fatte in Georgia i cittadini, memori del passato turbolento con il vicino russo, sono più che mai all’erta per un’invasione che pare concreta. Ciò potrebbe portare ad una guerra peggiore ancora di quella del 2008. Il governo, memore di questo e consapevole di non avere le disponibilità belliche che l’Ucraina ha dimostrato di avere, però, sta attuando un approccio diplomatico molto cauto, anche perché nell’ultimo periodo, sono sempre più numerose le esercitazioni russe in Ossezia del Sud e in Abcasia. Come per la guerra in Ucraina, inoltre, sono state frequenti le esercitazioni volute dalla NATO (leggasi dagli Stati Uniti), che a quanto pare sembra non aver capito che le proprie provocazioni rischiano di causare disastri bellici che poi sono costrette a pagare le popolazioni locali.
È ridicolo pure l’atteggiamento dei media occidentali che, come prima del conflitto in atto, non stanno minimamente coprendo la questione, per poi svegliarsi magicamente il 24 febbraio con l’avvio dell’invasione. Verrebbe da dirgli “buongiorno, fiorellini!”, se solo non si trattasse di una situazione tragica. Fino al giorno prima tutti parlavano di COVID e poi tutti a parlare di guerra, che possa accadere di nuovo in caso di aggressione? Gli Stati Uniti sono sempre in agguato per accerchiare i Russi per spingerli verso Pechino, mentre questi stanno solo cercando un altro pretesto per recuperare gli ex territori imperiali ormai andati persi. In tutto ciò, la propaganda da entrambe le parti continua, e l’occidentale medio si aliena, sempre più, educato a non pensare e a credere ai professionisti dell’informazione.
Sta a chi ha capito, sin dalla narrativa del COVID a quella melensa della guerra, cercare di mantenere una lucidità sempre più complicata da conservare e una visione critica. I dibattiti sui social sono sempre più beceri e da tifo da bar, come era in precedenza con il dualismo vax-no vax riguardo al COVID. La storia è ciclica come diceva Nietzsche, e alcune situazioni sono fatte con lo stampino; in un marasma di urla e strepiti da salotti televisivi, l’atto rivoluzionario è aprire gli occhi e non farsi abbindolare dal Grande Fratello mediatico.
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