Di Jen

Come ogni anno la pedanteria della manfrina dell’otto marzo come Festa delle Donne ha invaso tutti gli spazi della nostra vita. Oltre alle classiche iniziative dalle tinte fucsia portate avanti dal vario associazionismo femminista dal gusto sciatto ed inelegante, quest’anno il web ha iniziato a diffondere notizie relative ad altre proteste portate avanti dagli studenti.

In particolare è stata diffusa la proposta degli studenti patavini di presentarsi a scuola in gonna e smalto riprendendo la protesta contro la mascolinità tossica messa in atto al Liceo Zucchi di Monza. Il collettivo del Liceo Marchesi situato nel capoluogo euganeo lancia questo flash mob con l’intento di superare le differenze di genere ponendo l’attenzione sul vestiario. Leggendo le interviste rilasciate dai membri del collettivo sembrerebbe che essi stessi riconoscano la limitatezza di questa azione: se loro, però, sostengono che la gonna è il simbolo di un messaggio molto più ampio da propagandare e cercano in tutti i modi di trasmetterlo con una retorica ossessionante la loro proposta rimane delirante e dilaniante.

Sempre più spesso, infatti, chi tanto difende il concetto di diversità, tende ad abusare di quello di uguaglianza cadendo nell’incoerenza più totale.  Questa volontà, che negli ultimi tempi si fa sempre più pressante e viene manifestata con azioni al limite del buffonesco, è figlia di una mentalità borghese propinata continuamente negli ambienti radical frequentati dai ragazzi che, cibandosi di perbenismo, finiscono per rivendicare tutti i diritti più inconsulti tranne quello al loro pensiero critico.

Paragonare una donna ad un uomo con un processo di trasposizione perfetta è impossibile ed è altrettanto inopportuno imputare questa mancata aderenza a schemi mentali ritenuti obsoleti e racchiusi tutti sotto la voce patriarcato. Quello che i variopinti comitati tacciano sempre più spesso come retrogrado è in realtà il formale rispetto di una diversità naturale insanabile. Se è vero che si deve auspicare che entrambi i generi godano di diritti è anche vero che questi non devono essere uguali in toto ma rispettosi delle diversità. Il mettere tutto in un calderone, l’appiattire se stessi in nome di un’ostentazione di un’uguaglianza ingiustificata, le iniziative dal forte valore propagandistico che non sottendono alcun messaggio concreto alimentano solamente il pensiero offuscato di chi protesta per noia o perché spinto dal ragionamento altrui.

In un momento storico così delicato dove ogni nostra libertà è messa sotto assedio da una censura sempre più stringente sarebbe il caso di difendere le proprie peculiarità e magari evitare di cadere nel solito piagnisteo banale.

Un momento di riflessione e un encomio speciale va invece a quelle donne che, al di là degli schieramenti, stanno combattendo per la propria Patria e per la propria famiglia mettendo la loro femminilità al servizio di un volere più alto quasi come Vestali contemporanee.