di Cippa
La speranza che avevamo respirato sull’assenza del Politicamente Corretto nella nuova serie di Amazon “Anelli del Potere” è stata soffocata bruscamente. Elfi di colore e Nane di colore… per giunta senza barba! Perché almeno non hanno messo la barba? Non sarebbe stato LGBTUVZ? Forse sarebbe stato offensivo nei confronti della femminilità di una donna di colore? Non è dato a sapere. Numerose sono state le proteste tanto che, tremando dietro agli schermi, i buonisti hanno già pianto e strepitato bofonchiando di razzismo. Razzismo, no, non si tratta di questo: si tratta di onestà intellettuale, rispetto per un autore e per un’opera, rispetto per l’arte.
La risposta alle polemiche da parte della produttrice esecutiva Lindsey Weber è stata «Ci sembra naturale che un adattamento del lavoro di Tolkien riflettesse l’aspetto del mondo reale». Altri “studiosi” di Tolkien, di cui si trovano ben poche informazioni, la sostengono chiedendo chi si senta “minacciato” da elfi di colore, asiatici o latini. La parola “naturale” nel fantasy è un errore già di per sé grossolano che differisce dal concetto di “realistico”: l’opera di Tolkien non è naturale perché è un’opera di fantasia ma è strutturata in maniera tale da risultare verosimile per la ricercatezza nei dettagli e nei particolari. Tolkien ha creato un mondo con costellazioni, lingue, razze, biologia, geografia, cosmogonia, leggende e storia. Se dobbiamo parlare di qualcosa di “naturale” in ambito di Tolkien non dobbiamo e non abbiamo bisogno di carpirlo dal nostro mondo, è un errore.
«Tolkien è per tutti. Le sue storie sono su razze inventate che danno il loro meglio quando lasciano l’isolamento delle loro culture e uniscono le forze» ha continuato Lindsey Weber. Io mi chiedo a questo punto se abbia mai letto un’opera di Tolkien. Nel mondo di Arda ci sono forze maligne e benigne, le creature del mondo si schierano a secondo della loro tendenza naturale da una parte o dall’altra. Tolkien è bianco e nero, presenta bene e male, purezza elfica e alterazione orchesca. Non ci sono personaggi che navigano tra queste due parti se non le corruzioni del male che portano un personaggio benevolo a essere infine malvagio. Ma il male resta male. “L’isolamento delle loro culture”, faccio fatica a scriverlo per il disgusto, è ciò che consente al mondo di procedere: l’antico aiuta il nuovo ma non ci si mischia. Gli elfi abbandonano la terra di mezzo e la lasciano agli uomini, non si sono mischiati con loro ma li hanno aiutati nella lotta contro il male.
Parlare in termini buonisti di un’opera in cui i personaggi sono manifesti di un αρετέ benigna o maligna nella loro totalità solo per giustificare una scelta di un cast politically correct è un buon metodo per gli ignoranti e i vili. Non hanno coraggio di dire il vero motivo del perché hanno fatto questa scelta e mascherano con falsità senza fondamento. Le nuove generazioni non devono crescere con questo mondo di Tolkien, con la bell’addormentata vittima di stupro o con Maometto collocato nell’inferno di Dante.
Sono opere che devono la loro grandiosità all’identificazione del Bene e del Male (propria degli autori) e tali devono restare, devono insegnare anche a noi dei valori e noi abbiamo il sacro dovere di tramandarlo ai nostri figli. Dobbiamo tramandare la cultura d’Europa, tramandare la sua arte, le sue opere e i suoi valori.
Tolkien ha dedicato la sua vita a creare un mondo, all’interno di questo mondo troviamo una grandezza tale, un’immensità sufficiente a portare messaggi di qualsiasi genere. L’ignoranza e lo sforzo del Politicamente Corretto che hanno portato a ignorare i messaggi e a dover per forza cambiare l’opera senza giustificazione sensata sono imperdonabili. Lo spirito critico sta morendo, sta morendo la capacità di interpretazione di un’opera: cerchiamo di tenerli vivi, noi pochi rimasti a ricordarci cosa significhino.
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