Di Andrea
La didattica a distanza (DAD) nonché l’insieme delle misure sociali restrittive adottate durante la pandemia, ha creato soprattutto nei giovani e negli adolescenti delle conseguenze gravi, in termini di ricadute a livello psicologico e relazionale, che pochi sembrano prendere davvero in debita considerazione e sulle quali bisognerebbe riflettere in maniera seria e approfondita. Nell’attuale contesto della cosiddetta “post-pandemia”, dove non sono più così presenti le pervasive misure restrittive della libertà personale, oltre centomila adolescenti, risultano ancora chiusi in casa, in una sorta di esilio volontario, di lockdown mentale in assenza di una reale costrizione governativa.
Tale fenomeno ha assunto una dimensione particolarmente rilevante. Ci stiamo abituando purtroppo a vedere le nostre città deserte nonostante nessun provvedimento di legge lo impedisca, oltre ai ristoranti e bar vuoti che aggiungono uno sfondo lugubre al tutto. Il fenomeno dell’emarginazione sociale a carico dell’età adolescenziale era già noto, descritto dal termine giapponese “hikikomori” (stare in disparte). Con questo termine si indica una condizione di disagio che colpisce soprattutto ragazzi e ragazze in età adolescenziale che volontariamente annullano pressoché qualsiasi contatto con l’esterno, con la vita sociale e si rinchiudono nelle loro case. La situazione venutasi a creare con la gestione della pandemia, oltre che accentuare questi casi, ha creato in misura estremamente rilevante altre situazioni simili di disturbi psicologici giovanili.
Infatti i dati forniti dalle Associazioni di Settore indicano che attualmente un ragazzo su quattro soffre di disturbi di natura depressive ansiosa.
Queste problematiche, esito della perdita di relazioni, di iniziative, di scopi ed obiettivi, ha condotto ad una sorta di autocolpevolizzazione dell’individuo e di paura del confronto. Tutto ciò è diretta conseguenza incontro-scontro del giovane con la società in cui vive, un prodotto del sistema stesso.
Alla luce di queste considerazioni appare oltremodo significativa la responsabilità e la colpa delle strutture istituzionali, prima fra tutte la scuola, nell’aver determinato tale quadro di diffuso disagio, soprattutto tramite DAD, il mezzo che più di tutti ha creato questa spaccatura e che ha posto i giovani nel disinteresse più assoluto. Oggi più che mai si rende necessario proporre una valida e sollecitante alternativa che imponga la riappropriazione degli spazi giovanili e che inserisca realmente i giovani nell’aspetto decisionale, creando una direzione comune, un sentiero da percorrere che lasci alle spalle il buio odierno.
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