Di Andrea

A fine novembre 2021 è uscito l’ultimo album del rapper milanese MarracashNOI, LORO, GLI ALTRI riuscendo senza alcun dubbio a conquistare il trono di miglior disco dell’anno e scardinando qualunque pretendente per le vette delle classifiche. Il ragazzo della Barona ha segnato di nuovo il momento clou della stagione musicale italiana; un evento del genere (come ogni uscita di rapper/cantanti di questo calibro) non può di certo passare inosservato ma deve essere sviscerato e analizzato. La musica è sempre figlia del suo tempo e, per poter essere guida e avanguardia del nostro, bisogna imparare a sapersi muovere nelle sue varie rappresentazioni e sfumature.

Ed ecco quindi Marracash, al secolo Fabio Rizzo, partito dai fasti di inizio 2000 con la Dogo Gang dove spavalderia di strada unita al malessere di periferia  dettavano le linee delle sue rime e di tutti coloro che hanno calpestato il cemento di quella Milano; è passato in seguito per il primo decennio del XXI° secolo dove pur scrivendo poco (due album pubblicati) l’autocelebrazione e la consapevolezza di avercela fatta davano linfa alla musica e infine negli ultimi anni si è prima rivolto verso un’introspezione psicologica con “PERSONA” per arrivare ad una critica della società con l’ultimo lavoro.

Eccoci ora arrivati alla vera questione, il rap è tornato con questo disco a compiere una delle sue funzioni primigenie, ovvero la critica della società dominante, una voce dissidente nel vasto mare del buonismo e politicamente corretto. Non è tutto oro quel che luccica attenzione, come ogni grande iniziativa (musicale, commerciale etc.) bisogna sempre stare in guardia da possibili contaminazioni e non sempre il discorso può filare su ogni punto. La vera domanda è: cosa c’è di buono in un album del genere?  Come già accennato il filo rosso delle varie tracce è la critica ad una società ormai disgregata ed egoista, Marracash riesce a presentare gli aspetti di questa società malata comandata dai più ricchi

«Riesco ad immaginare più la fine del mondo, sì /Che la fine della differenza sociale»

oltre ad una vera e propria invettiva contro il buonismo di finti artisti e di una società ipocrita che da una parte sbandiera diritti ma dall’altra ancora regna la povertà.

«Oggi che possiamo rivendicare di essere bianchi, neri, gialli, verdi/ O di essere cis, gay, bi, trans o non avere un genere/ Non possiamo ancora essere poveri/ Perché tutto e inclusivo a parte i posti esclusivi no?»

Troviamo anche critiche alla DAD e alla gestione sociale del Covid-19 e a come gli studenti vengano considerati automi da programmare e non individui da educare.

«Programmato per dipendenze, per la roba scadente/Non hai imparato niente come dalla DAD»

In generale troviamo nell’album un’analisi molto profonda e lucida della nostra società che va oltre i possibili soliti cliché ma che identifica nella perdita della coscienza di libertà (vedi tutte le azioni volte alla restrizione delle libertà) e nello smarrimento di una via “comunitaria” da percorrere, invece che accentuare la disuguaglianza sociale. Marracash si riconferma quindi come uno dei migliori artisti italiani del momento? Difficile pensare il contrario.

«E a volte penso che non so cos’altro può succedere in questi anni ormai/ Ma mi rimane la sensazione/ Che più che un periodo è sbagliata la direzione»