Di Elena
«I giovani sono il futuro». Mai frase fu più vera ma allo stesso tempo inflazionata. Basti pensare poi a quanta gente si riempie la bocca criticando la “gioventù di oggi”, che secondo la vulgata comune non ha voglia di lavorare, di sporcarsi le mani, di sudare. Quante critiche sentite quotidianamente contro le nuove leve che a detta di qualcuno sembrerebbero essere interessati solamente a mangiare poké dopo averli postati sui social.
Troppo facile puntare il dito contro chi sta ancora lavorando per formare una propria individualità, cercano di farsi largo in un mondo che non vuole lasciargli alcuno spazio. Non si può quindi parlare di fallimento della generazione zeta, avrebbe bensì più senso parlare di come la capacità espressiva di questa generazione sia da sempre messa alla gogna.
L’istruzione è una parte fondamentale nella formazione dell’essere umano, in quanto essere pensante dotato di una propria individualità e di cittadino. Per cittadino si intende ‘chi appartiene ad uno Stato’’, quindi ad un pezzo di terra e alle proprie istituzioni di riferimento che gli garantiscono diritti e doveri. La decostruzione dell’individuo oggi invece nasce proprio da qui, distruggere ogni certezza per sostituirla con delle nuove finte verità che renderanno l’uomo schiavo del proprio lavoro, tanto da diventare nient’altro che una macchina dormiente.
Dove voglio arrivare con tutto questo? Alla reintroduzione dell’insegnamento dell’educazione civica (o per meglio dire: «ri-educazione civica» come suggerisce Elisabetta Frezza, giurista e scrittrice non allineata alla dittatura del politicamente corretto) nelle scuole, dall’infanzia fino alla maturità. Un abominio targato Valeria Fedeli e in vigore da settembre 2020 con il sostegno dei cari Agnelli (che sono evidentemente in carenza di manodopera). Lo scopo sembra palesemente quello di indottrinare (e non certo formare) delle giovani menti ancora plastiche per renderle incapaci di pensare, e di contemplare concetti più elevati come quello di “giustizia”. Giustizia che purtroppo è ormai anche morta, lasciando spazio dietro di sé alla ‘’legge ingiusta’’ che si appella solo a legalità e rispetto totale ed incondizionato delle regole poste da qualcun altro. In altro modo si potrebbe chiamare asservimento o sottomissione a uno stato di burocrati.
Questa disciplina, preconfezionata ed abbellita da parole gentili e stucchevoli, iniziando fin dall’asilo non permette la formazione alcun contraddittorio e si pone il raggiungimento di tre obiettivi principali. Il primo è impiantare la credenza che la costituzione sia una linea guida che parla solo di diritti, legalità e solidarietà, che il cittadino non è colui che abita dei confini ma chi che vive il mondo privo di barriere. Il secondo punto non poteva che riguardare la sostenibilità ecologica un tot al kg tanto cara a Greta. In ultimo, si parla di cittadinanza digitale, ogni cittadino deve avere un dispositivo elettronico da cui dipendere se vuole essere riconosciuto dallo stato e dai suoi simili, il Qr code è il futuro, arrendetevi all’evidenza.
Il nuovo target è stato individuato, sono i bambini. Se quindi è vero che «i giovani sono il futuro», un paese come il nostro sacrifica in questo modo le menti più brillanti della sua gioventù nel tentativo di far mantenere il più a lungo possibile le poltrone alle generazioni precedenti potrebbe non averlo affatto un futuro.
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