di Michele

Mike Flannagan ci ha abituato a degli ottimi horror, in cui l’elemento prettamente terrorifico non è mai fine a se stesso ma riesce a confluire in narrazioni più profonde. Spesso l’attenzione si sposta verso storie familiari e temi più maturi come l’elaborazione del lutto, la tossicodipendenza, la depressione, i drammi interiori e il modo di affrontarli.Questo è il caso della serie The haunting suddivisa in due stagioni indipendenti fra loro: The haunting of Hill House e The haunting of Bly menor. I puristi del genere forse non apprezzeranno. Lo spaventoso e il misterioso servono per attirare lo spettatore e mantenere la giusta tensione mentre la narrazione si prende il suo tempo per esplorare l’evoluzione dei personaggi. Un’indagine psicologica dai toni soffusi, intimi, delle volte quasi delicati, in cui tempo presente e tempo passato si intersecano fra di loro.

Midnight mass, la nuova miniserie di Flannagan disponibile su Netflix, mantiene tutto questo, ma aggiunge ai significati personali ed esistenziali qualcosa di diverso. Il presupposto della trama è piuttosto semplice: in una piccola e isolata comunità di pescatori al posto del vecchio prete di paese, andato in Terrasanta, giunge il giovane Padre Paul, il quale – visto che ci troviamo in un horror – nasconde un inquietante segreto.

Una trama a prima vista banale, come banali sono le recensioni, seppur entusiastiche, che vedono nella serie una specie di critica al fanatismo religioso. Per portare alla luce gli aspetti davvero interessanti di Midnight mass dovremo per forza di cosa fare spoiler.

La serie si basa sull’ambiguità della creatura che Monsignor Pryuitt riporta con sé dalla Terrasanta. Infatti, il vecchio parroco di Crockey Island nel suo viaggio in Palestina incontra in una caverna una strana figura alata, che dopo averlo aggredito gli fa bere il proprio sangue. Questo lo fa tornare giovane ed è il motivo per cui si farà passare come Padre Paul al suo rientro nell’isola. Per Pryuitt l’essere è un angelo, ma per lo spettatore è chiaramente un vampiro. Il sangue di quest’ultimo ed i suoi effetti miracolosi vengono assimilati a quelli del sangue eucaristico. Il ritorno dalla morte che esso permette diventa, agli occhi del prete, la resurrezione della carne promessa dal Cristo. A rafforzare questa idea ci pensa la sua perpetua, Bev Keane, ed il suo bigottismo. La situazione deraglia quando si convincono che l’Apocalisse è vicina e bisogna salvare i fedeli della chiesa di St. Patrick. invece che salvarli, li trasformano guarda caso in vampiri assetati di sangue che distruggono la città e massacrano il resto degli abitanti.

C’è chi ha voluto vedere nelle dinamiche di gruppo che prendono Padre Paul, Bev e altri membri della Congrega, nel loro scivolare in un vortice di menzogne, violenza e strumentalizzazione, una sorta di parabola del fanatismo religioso o peggio dell’estrema destra. Una politicizzazione delle serie che finirebbe per scambiare i membri della Congrega con quelli di Qanon. Così il fanatismo vedrebbe presentato nelle due facce di Bev e Padre Paul: la prima lo utilizza per acquisire potere, mentre il secondo perché nasconde un profondo disincanto. Un fanatismo che cioè è sempre strumentale, ma che allo stesso tempo serve a giustificare di fronte a se stessi qualsiasi azione, anche la peggiore. In questo senso andrebbero letti alcuni richiami, il tentativo di rompere i legami dell’isola con la terraferma, le diffidenze vero lo sceriffo della città in quanto musulmano, il suicidio collettivo in stile setta con cui cui si compie la trasformazione dei fedeli in vampiri.

Questa lettura non solo è banale, ma anche fuorviante. Sono proprio i toni apocalittici del finale a rivelarcelo. Il disconoscimento del male e del bene ha radici più profonde. È il potere sovversivo di quella che Guènon chiama grande parodia, ciò che “deforma il significato dei simboli e rovescia il loro valore”. Siamo nell’anomia che è mancanza di legge, rovesciamento dell’ordine, o – per dirla con Geminello Alvi – che è “la confusione, il mettere tutto fuori posto, fino alla follia di massa”. È questo pervertimento che dà luogo al fanatismo. In un senso più profondo lo si può interpretare come parodia della salvezza, poiché “l’Anticristo perverte l’ascesi a sollievo, dolore rimosso, pretesa di uomo assoluto, ma senza l’Agnello”.È il farsi materiale di qualcosa che dovrebbe essere materiale. È la tentazione della trasformazione in pane delle pietra, che rappresenta la tentazione di una felicità materialistica, cioè falsa, rispetto a quella spirituale. È questa caduta, questo abbassamento di livello che trasforma la natura angelica in una satanica, cioè un vampiro. Se volessimo trovare un esito politico di questa tendenza, cioè di una immanentizzazione e di un sovvertimento della felicità spirituale, sarebbe facile trovare su chi puntare il dito.

Questa interpretazione apocalittica di Midnight Mass è rafforzata dal monologo in punto di morte di Erin Green, che è sicuramente uno dei protagonisti in positivo della storia. Non a caso il suo sacrificio è decisivo per uccidere la creatura. Qui troviamo alcuni motivi gnostici e tradizionali. C’è il disconoscimento dell’io. O meglio, la consapevolezza che l’io è una finzione, una parte di un tutto. Non c’è una vera separazione tra mondo interiore e mondo esteriore, tra l’individuo e l’assoluto, tra io e Dio. È il “quello sei tu” dei Veda.

Me stessa. È questo il problema. È questo il vero problema di tutta la faccenda: la parola me. Non è quella la parola. Non è giusta, non lo è. Già, non lo è… Come ho fatto a dimenticarlo? Quando l’ho dimenticato?

L’esistenza diventa una sorta di dimenticanza. Siamo gettati fuori dall’Essere perché viviamo nell’illusione. Questa illusione significa propriamente che crediamo di essere qualcosa di diverso dall’Essere stesso. Perciò conoscere significa ricordare: “attraverso il ricordo sto tornando a casa”. Tornare a casa è tornare al principio primo, all’origine, all’Essere, in altre parole a Dio. In questo senso la vita è sogno e l’io un’illusione: “noi siamo quel cosmo che sogna se stesso”. Così la morte diventa il punto di ricongiungimento con il tutto.

Così abbiamo il simbolo della salvezza spirituale, che è indiamento. È rito di passaggio attraverso il dolore e il sacrificio, è ascesi che porta al riconoscimento di quella scintilla divina che è noi. Al contrario, la ricerca di una salvezza puramente materiale è perdizione vampiresca. È rinuncia alla trascendenza per affermare l’immanenza. Ma questa è solo un’ombra della prima… non rimane nulla.