Di Elena
Di recente, gli studenti del liceo Dini di Pisa hanno occupato la scuola spinti da un improvviso attacco di arditismo. Questo gesto ormai desueto, ha ispirato numerose marce in tutto lo stivale.
Le motivazioni che hanno spinto questi giovani pisani ad occupare il liceo sono nobili e ammirevoli, gli alunni infatti protestano contro la mancanza di aule che li costringe a stare ammassati in poco spazio.
In un comunicato i ragazzi hanno fatto presente che in questo anno scolastico (ma non solo) gli studenti sono stati completamente dimenticati dal sistema. Mentre l’edilizia cade a pezzi, il silenzio martellante dei media, del comune e della provincia ha spinto dei giovani ribelli ad occupare il liceo, sperando di essere ascoltati.
Purtroppo se ti cadono i calcinacci addosso, non frega nulla a nessuno. È tristemente noto che nelle zone colpite dal terremoto del 2016 si stenta ancora molto con la ricostruzione degli edifici pubblici e privati. Quindi perché la notizia di questi giovani coraggiosi ha colpito così tanto? La risposta è banale, hanno cavalcato l’onda del politicamente corretto. Hanno deciso di puntare sul cavallo vincente parlando di comunità LGBT, transizione e sesso degli angeli. I ragazzi, senza limitarsi alle sole chiacchiere di circostanza, hanno organizzato videochiamate con membri di spicco della comunità LGBT sperando di ricevere da questi una cassa di risonanza.
Non è mai giusto puntare il dito contro qualcuno, diciamo però che questi studenti si sono un po’ troppo affidati alla logica “il fine giustifica i mezzi”. Purtroppo, questo rischia di far loro dimenticare il motivo che li ha spinti in primis ad occupare la propria scuola, cioè difendere il sacrosanto diritto allo studio e alla sicurezza degli studenti. È altrettanto vero che i social al giorno d’oggi tentano di impedire qualsiasi tentativo di evasione da questa realtà in salsa globalista costruita ad hoc, un po’ sfruttando lo spietato meccanismo della censura, un po’ tramite propaganda mirata o pubblicità volte a sensibilizzare la popolazione sulle mode da seguire.
Il mito dell’inclusività regna sovrano in questo periodo storico e, dopo l’affossamento del DDL ZAN è praticamente vietato discutere di altro, ne va della nostra sensibilità. Gli studenti pisani hanno infatti colto la palla al balzo parlando di “modernità” ed “innovazione” nei programmi scolastici così da includere anche l’indottrinamento LGBT, quindi tutta quella grande massa di minoranze o presunte tali che non si capisce perché dovrebbero essere portate nelle aule di scuola. Sul fatto che le scuole italiane necessitino di un rinnovamento dei programmi non possiamo dar loro torto, è tristemente noto che nel 2021 i programmi ministeriali si fermano ancora al secondo dopoguerra, snobbando a piè pari la seconda metà del 900 e i primi del 2000. I diciannovenni ad esempio escono da una scuola che avrebbe dovuto formarli senza sapere nulla sugli anni di piombo, sulla caduta del muro di Berlino o sull’URSS. Anche per questo però, di contro, è assolutamente irragionevole impiegare preziose ore scolastiche per parlare di disforie di genere quando le lacune in materie essenziali sono così evidenti.
Gli studenti del liceo Dini ci riflettano sopra. Non è troppo tardi per tornare sui propri passi e reclamare i giusti diritti senza cavalcare mode balorde e controproducenti. È triste vedere tanto potenziale e buona volontà sprecata; quando si sale sulla cima del mondo è facile perdersi in un bicchiere d’acqua e questi ragazzi, ormai è evidente, rischiano l’annegamento.
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