Di Leonardo
Avendone già ampiamente parlato ci sembra giusto tirare qualche conclusione e perché no, lasciarci anche un po’ trascinare dalla fantasia in possibili speculazioni su quale finale Miura avrebbe potuto scegliere seguito del rilascio dell’ultimo capitolo della saga Berserk, terminata prematuramente a causa della dipartita dell’autore.
Il volume 41 stava lasciando terreno fertile per uno scenario completamente nuovo, basti pensare alla nuova dinamica tra Gatsu e la sua amata tornata in sé, con personaggi ancora da scoprire e sottotrame svelate solo parzialmente. Tutte prospettive ormai purtroppo sfumate.
A colpire particolarmente è il flashback sulla storia del Cavaliere Teschio, in cui viene resa nota la morte della sua sposa.
Tale tavola risulta particolarmente interessante poiché si può notare come gli angeli della mano di Dio siano completamente differenti da quelli conosciuti finora durante battaglia di Gatsu, fatta eccezione per il torreggiante angelo Boid. Questo dettaglio, che potrebbe sembrare di poco conto, porta a pensare ad un possibile finale che il disegnatore avrebbe potuto pensare per consacrare completamente la sua opera alle teorie del filosofo tedesco Friederich Wilhelm Nietzsche.
Come già analizzato in passato, Miura si è sempre dimostrato molto vicino a quest’ultimo, usandone gli scritti per sviluppare parti strutturali della sua opera. Ad esempio ha preso a piene mani dall’archetipo del superuomo per la formazione dei due personaggi principali (https://www.bloccostudentesco.org/2021/04/14/bs-superuomo-fumetti-berserk/). Un altro concetto nietzschano che stava iniziando però a trapelare negli ultimi volumi, o almeno in maniera più palese, è quello dell’eterno ritorno.
Gatsu infatti si ritrova ad utilizzare la famigerata armatura del berserk, che scopriremo essere già stata indossata tempo addietro dal Cavaliere Teschio. Tale armatura consente a chi la possiede di avere a disposizione forza e resistenza sovrumana, in cambio però ci si assume il rischio di essere sopraffatti dal proprio lato più feroce, rischiando così di divenire una belva assetata di sangue e priva di qualsiasi scopo che superi la violenza fine a sé stessa. Destino parzialmente affrontato proprio da quest’ultimo.
È chiaro che l’autore stesse tracciando per Gatsu una storia vagamente parallela a quella del precedente possessore dell’armatura ma la grande domanda è se la meta fosse la stessa o meno. La nostra teoria è che per egli fosse stato progettato un finale “grigio”.
In sostanza, dalla tavola discussa poco sopra si può quindi intuire che 4 membri della precedente mano di Dio siano morti, e chi meglio del Cavaliere Teschio potrebbe averli uccisi?
Magari proprio abbandonando la propria umanità in preda alla rabbia per la morte dell’amata, così da poter ascendere ad un livello spirituale superiore e poter combattere ad armi pari gli angeli.
Anche Gatsu, come il predecessore, non cede agli effetti dell’armatura solo per grazie ai propri cari, in particolare proprio quello della donna che ama. Va da sé che quindi, di fronte a un’ipotetica morte di Caska, pure la fine per il nostro protagonista sarebbe la medesima di chi lo ha preceduto.
Che anche il nostro guerriero nero fosse quindi destinato ad uccidere, in un raptus di furia omicida, i membri della Mano di Dio? Questo ovviamente non ci è dato a sapere.
Ciò però lo porterebbe a sostituire il Cavaliere Teschio (che secondo questa teoria sarebbe necessariamente dovuto morire prima di questo avvenimento), ricreando quindi un ciclo perfetto dove Boid, o magari Grifis, ritrovandosi solo avrebbe rimandato i Bejelit sulla terra in modo da ricreare la mano di Dio e così facendo un altro guerriero predestinato avrebbe trovato l’inizio del suo viaggio per dargli la caccia, completando infine un ciclo perpetuo degli eventi destinato a ripetersi senza fine.
Lasciando però da parte le mere speculazioni, forse figlie della tristezza e dal vuoto che la morte inaspettata dell’autore ha portato nel cuore di ogni vero appassionato della saga, tiriamo delle conclusioni su questa grande opera.
Kentaro Miura ci ha lasciati presto, indubbiamente troppo presto, ciò nonostante bisogna apprezzare quanto ha lasciato dietro di sé. La sua opera non può che essere presa ad esempio e come stimolo a far viaggiare libere la fantasia e la creatività.
Berserk non avrà mai un vero finale, noi però possiamo omaggiarlo, come d’altronde i lenti ritmi produttivi dell’autore ci hanno sempre spinti a fare, continuare a far vivere la sua opera tramite speculazioni e teorie sempre nuove e filosoficamente profonde.
Questo probabilmente è l’unico vero gesto di rispetto e ammirazione che possiamo dedicare a questo grande artista che tramite la saga ci ha dedicato la sua stessa vita.
Un umile ringraziamento a nome di tutti i fan per questi anni passati insieme.
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