Di Jen

Per molti settembre significa una cosa soltanto: tempo di tornare a scuola!

Il primo settembre è il giorno tanto “temuto” dagli studenti italiani da generazioni, scandisce l’arrivo del nuovo anno scolastico. Decreta che di lì a poco i banchi torneranno ad essere occupati e che si tornerà alla solita vecchia routine… o almeno fino a qualche anno fa era così.

Sono infatti, due anni scolastici ormai, che la scuola si è trasformata del tutto in un circo, messa in ginocchio dal covid-19 (per chi vuole ancora credere che la causa stia tutta lì) e puntualmente a settembre si millanta una scuola del tutto in presenza ovvero un “ritorno alla normalità”. Quest’anno, come ben sappiamo, il protagonista indiscusso delle chiacchiere del governo è il famigerato green pass, la magica chiave che, secondo loro dovrebbe risolvere l’incubo in cui siamo ibernati da appunto due anni.

Diventato in primis obbligatorio per tutto il personale scolastico, chi non esibisce la certificazione viene punito con una sospensione che scatta dopo 5 giorni e il blocco dello stipendio. Ed ecco quindi come la famigerata certificazione verde diventa un oggetto di spaccatura nell’opinione pubblica italiana: chi lo vede come portatore di libertà e chi come limitazione del proprio libero arbitrio e un metodo di emarginazione.

Insomma, a scuola, non si può proprio avere una libera opinione sul green pass. La vicenda potrebbe diventare divertente, in un’ottica un po’ distorta e forse sadica, se la si pensa alla luce del fatto che al momento i più “colpiti” da questa limitazione sono proprio coloro che per anni hanno cercato di allineare il pensiero degli studenti e di educarli all’incessante accondiscendenza alle imposizioni per quanto deleterie potessero essere.

Gli studenti tra i 14 e i 19 anni, anche se rientrano a pieno nella fascia di età vaccinabili, almeno al momento, non sono costretti ad esibire il certificato per entrare nei plessi scolastici. Ma quanto durerà? Magari fino alla prima tornata di influenza stagionale quando per un motivo o per un altro verranno lasciati a casa in balia di una lezione fittizia dietro lo schermo o magari fino all’ insorgere di una nuova variante che guarda caso colpirà maggiormente i giovani.

Cosa si può fare per evitare tutto questo? Trasformare la propria reattanza (In psicologia: tendenza emozionale al recupero della libertà personale di cui il soggetto sia stato parzialmente o totalmente privato – n.d.r.) da qualità intrinseca ad azione concreta e rivendicare così la propria libertà.

Attualmente il personale scolastico non vaccinato è a quota 138.435 (pari al 9,55% del totale), quasi 80 mila in meno rispetto ad un mese fa, quando toccavano la quota di circa 220 mila. È chiaro quindi il classico atteggiamento noioso di chi difende le proprie opinioni solo quando ciò non interferisce con il proprio interesse materiale, in questo caso lo stipendio. La solita vecchia classe degli insegnanti casca ancora una volta davanti al banco prova: pronti a chinare la testa pur di salvaguardare il proprio piccolo orto, dimostrandosi nuovamente al guinzaglio di un ministero fuori controllo.

Il green pass non è una misura preventiva efficace, come non è la chiave di volta per tornare ad implementare la socialità, è un meccanismo di controllo volto a regalare l’illusione di una libertà che presto verrà nuovamente messa in discussione.

I docenti vaccinati non risolvono certo il problema dei trasporti, delle aule delle classi soprannumerarie. Il vaccino, o la sua mancanza sono solo l’ennesima scusa, o capro espiatorio che dir si voglia, davanti all’inettitudine di un ministero incapace.