Di Sembe
Luglio 2021: a poca distanza dalla fine dell’occupazione americana in Afghanistan, durata un quinto di secolo, gli sceriffi del mondo allentano la presa anche su una nazione che si vede sganciare bombe addosso dagli anni novanta. Parliamo dell’Iraq.
Dalla fatidica operazione “Desert Storm“, avvenuta nei primi anni novanta col fine di allontanare le forze di Saddam Hussein dal Kuwait. Da allora il popolo iracheno ha vissuto sulla sua pelle tutta la brutalità bellica, tecnologica e non di meno umana a stelle e strisce. Hanno infatti creato grande scalpore nel mondo le foto delle torture praticate ai prigionieri di guerra da parte di soldati e soldatesse, tanto per fare un esempio.
Arriviamo al 2003, iniziava il nuovo millennio e l’Iraq si trovava ancora sotto il fuoco dell’occidente, sempre contro una coalizione di numerose nazioni a guida statunitense. Le forze armate di Saddam Hussein non riuscirono a reggere lo sproporzionato rapporto della macchina da guerra NATO e così, l’uomo che riuscì a dare all’Iraq valore e sviluppo a livello nazionale ed internazionale cadde. Da lì conosciamo bene la fine che il demiurgo democratico riserva ai suoi nemici, in questo caso specifico fu l’impiccagione.
L’occupazione americana e la caduta del condottiero portarono inevitabilmente l’Iraq nel caos più totale. Dalla caduta di Hussein ad oggi ci sono stati infatti vent’anni di guerra, attentati, stragi e la miseria che ne consegue. Questo è ciò che il popolo iracheno visto in tutto questo tempo. Il vuoto di potere e il complesso caos politico hanno permesso poi il facile proliferare di gruppi terroristici, il più celebre tra tutti è sicuramente l’Isis, il cui califfato ha avuto per anni grandi porzioni del territorio iracheno.
Terminata anche la minaccia rappresentata dall’Isis, gli americani continuano a non volerne sapere di lasciare l’Iraq, fino a quando nel 2020 il parlamento locale, delibera e vota finalmente per il ritiro di questi ultimi. Gli sceriffi della democrazia, come ci si aspettava, decidono di ignorare la delibera divenendo ufficialmente una forza d’occupazione.
Come dimenticare poi l’assassinio a Baghdad, per mano ovviamente americana, del generale iraniano Soleimani come nulla fosse. Gesto molto sporco, che però non sorprende dai paladini, chissà che conseguenze avrebbero potuto esserci a parti inverse.
Ed eccoci finalmente a luglio 2021, dopo aver ripercorso in mega sintesi il caos portato dagli USA in Iraq, possiamo finalmente analizzare qual è la svolta memorabile a cui si è finalmente giunti.
A distanza di trent’anni dall’operazione Desert Storm, Biden ha firmato un accordo col governo iracheno in cui si sancisce il ritiro delle truppe. MA rimarranno comunque 2500 marines come “consiglieri militari” e qualche centinaio di soldati britannici. È un primo passo, i fronti geopolitici stanno cambiando, vedremo se l’Iran riuscirà a liberare il medio oriente dal gioco delle democrazie occidentali e i popoli che si sono visti per decenni puntati addosso gli m4 e volare sopra gli f16 riusciranno a riscattare la loro terra, via che si può intraprendere solo con la prosecuzione della lotta.
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