di Moro
L’ultimo campionato europeo di calcio ha mostrato un’incontrovertibile verità sulla nostra Nazione: l’Italia non ha bisogno dei pronostici favorevoli per vincere. Ha bisogno di uno spirito irriducibile e inarrendevole, di passione e di volontà. Il nostro popolo non vanta grande disciplina, tuttavia non ne ha mai avuto bisogno per stupire il mondo.
Così, ancora una volta, abbiamo mostrato al mondo che per vincere non abbiamo bisogno delle loro formulette da quattro soldi. Per alcuni era quasi scontato che avrebbe vinto prima il Belgio, poi l’Inghilterra, naturalmente questi non avevano fatto conto su quel potenziale nascosto che l’Italia è capace di tirare fuori quando è sotto pressione.
Così, dopo tante sconfitte ed umiliazioni, dopo un anno di pandemia e un decennio di crisi, finalmente gli Italiani hanno un simbolo, un monito, dal quale poter ripartire. Questa vittoria è stata percepita come preziosa dopo un periodo così lungo di difficoltà, rappresenta certamente una fonte di speranza per un popolo oramai in ginocchio.
Questa però deve essere solo la prima delle nostre vittorie. L’Italia ha un potenziale non sfruttato su ogni fronte, dall’economia alla politica, dalla cultura al militare. Dopo esserci ripresi lo sport, sarebbe un peccato non riappropriarci anche del resto della nostra potenza. Perché accontentarci di una coppa, quando a Roma potremmo portarci il mondo?
Ancora, è proprio il valore simbolico di questa vittoria che deve essere sfruttato. L’Italia che vince l’Europa, che riprende a modo suo gloria in uno dei suoi aspetti culturali più tipici: il gioco del calcio. A suo modo rappresenta la vittoria di una squadra nazionale contro le sempre più imperanti formazioni globali, identità contro denaro.
Da questo punto di vista, la vittoria all’Euro 2020 ci dimostra che gli schemi della sinistra non sono necessariamente quelli giusti. Il loro elogio delle squadre multirazziali si è rilevato fallimentare, così come il loro tipico “guastafestismo”, che non ha impedito alle piazze italiane di essere riempite da folle oceaniche di tifosi in festa.
Tutto questo ci riporta a quell’italianità tanto elogiata da Mario Carli – importante intellettuale futurista, capitano degli arditi, legionario di fiume e diplomatico – egli riportandoci alla Grande Guerra ci dimostrava come l’Italia per ottenere risultati debba essere semplicemente lasciata fare, con quel suo spirito tanto eroico quanto disordinato.
Anche per questo le sempre più pressanti politiche europee sono sbagliate per l’Italia. Un’eccessiva regolamentazione è nemica dell’italianità. In ambito calcistico, sarebbe sbagliato applicare alla nazionale italiana una tattica alla “tedesca”. Henry Kissinger ci spiegava che ogni squadra rispecchia il suo carattere nazionale.
Così, Kissinger ci spiegava che ad esempio la Germania punta sulla sua solidità, sulla geometria, l’Inghilterra tende ad allargare la sua formazione al fine di aggirare la difesa, come si fa nel Rugby e, se l’Olanda si dispone in modo da non lasciare buchi, sottolineando la loro capacità di insediamento, il Brasile punta tutto sulle individualità e sul genio personale.
Per quanto riguarda l’Italia? Uno spirito intransigente, che non si arrende fino alla fine. Dà il meglio di sé quando è in difficoltà, quando viene pressata e sembra senza speranza. Abbiamo la capacità di resistere e di reinventarci, perché ciò che ha sempre mosso l’Italia sono caratteristiche come il coraggio, l’orgoglio e la goliardia.
Ciò che ci muove è la fierezza, come si è visto nel grido liberatorio di Bonucci, il quale contro i fischi degli inglesi al nostro inno ha rivendicato questa vittoria come propria di quanti si sentono fieri di essere italiani. Così, questa vittoria è in realtà di tutti gli italiani. Questo si vede in un Chiellini volenteroso di festeggiare insieme ai tifosi nonostante le norme anti-Covid.
Contro il decadente calcio inglese si è detto: “ne dovete mangiare di pastasciutta”, chi sa che non imparino a perdere con sportività questo giro. Parrebbe di no, gli abitanti d’oltremanica hanno già raccolto 90.000 firme per rigiocare la partita con un arbitro “meno di parte”.
Così, tra alti e bassi, tensioni e gioie, dall’abilità di Donnarumma all’infortunio di Spinazola, fino al momento in cui abbiamo alzato quella coppa. L’Italia ha dimostrato che niente le è impossibile. Abbiamo portato a Roma il calcio, questo nonostante tutte le “gufate” di compagni e simili, che pure si sono lamentati “dell’eccessivo patriottismo”.
Questa vittoria è un augurio per la nostra Nazione, un monito di una grandezza che è destinata a tornare. C’è un motivo se Machiavelli vedeva la storia in maniera ciclica, e questo, inconsciamente, si ritrova nel fatto che, inevitabilmente, a decenni, o secoli, di buio e decadenza dell’Italia si sono sempre susseguiti periodi di proporzionale splendore.
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