Di Alberto
Dopo dodici anni di ininterrotto governo, Benjamin Netanyahu si appresta a lasciare la guida del paese di cui è stato la figura politica più iconica degli ultimi vent’anni. Al potere dal 2009 con il suo partito, il Likud, che sotto il suo presidio si sposta ancor più a destra cercando di unire i partiti sia secolari che religiosi. Politico con un passato nell’esercito (come molti altri politici israeliani), in specifico, nella Sayeret Matkal, unità d’élite dell’esercito; nato a Tel Aviv, ha avuto una formazione al MIT di Boston dopo il suo servizio nelle forze armate.
Sale al potere nel 2009, in un periodo in cui Israele era reduce dalla seconda guerra del Libano del 2006 e dall’operazione “piombo fuso” a Gaza fra il 2008/2009, riuscendo a concludere un mandato esplorativo in qualità di leader del secondo partito più votato. A livello internazionale il suo governo riceve un’importante spinta dal legame con l’amministrazione Trump e il contestato riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele.
A partire dal suo primo mandato, Benjamin Netanyahu ha dovuto subire ben cinque consultazioni anticipate, difatti, la formazione di un governo di maggioranza in Israele è solo una questione puramente numerica e non politica: mettere insieme le varie anime del paese è una mera utopia, ed è proprio in tal senso che è nata la coalizione, sorta per spodestare Netanyahu.
Alle elezioni del 23 marzo scorso, il Likud ha ottenuto più voti ma si è tuttavia fermato a 30 deputati, ben lontano dai 61 necessari a formare una maggioranza alla Knesset (parlamento israeliano). Da questa situazione, i partiti dell’opposizione, dopo lunghe trattative, hanno istituito una coalizione che unisce 62 deputati, sufficienti a formare un nuovo governo.
A capo di questa coalizione c’è Yair Lapid, numero uno del secondo partito “Yesh Atid” con 17 deputati a cui affianca gli 8 di “Blu e Bianco” di Benny Gantz colui che permise a Netanyahu di formare il governo uscente. Nella coalizione ci sono anche i due principali partiti di centrosinistra israeliani: il “Partito Laburista”, con 7 deputati e “Meretz” con 6. A destra, la coalizione imbarca il partito “Yisrael Beiteinu” di Avigdor Lieberman (noto per le sue dichiarazioni contro il popolo palestinese) che raccoglie i voti degli elettori di origine russofona e il partito “Nuova Speranza”, nato dalla scissione con il “Likud”. Uno dei partiti fondamentali per la formazione del nuovo governo è “Yamina” di Naftali Bennet che, pur essendo orientato a destra, non ha avviato consultazioni con il governo uscente; sembra essere proprio Bennet il futuro premier per i primi due anni di governo a cui seguirà Lapid per gli ultimi due. Per finire, gli ultimi 4 deputati per arrivare alla maggioranza sono stati forniti dal partito arabo “Raam” di Mansour Abbas.
Il comune denominatore di questa coalizione è la volontà di spodestare Benjamin Netanyahu dopo dodici anni di governo continuo. Inoltre non è meno rilevante non avere all’interno della coalizione partiti di stampo religioso, questa eterogeneità di composizione, però, potrebbe comunque rendere difficile la stabilità di governo. Il primo banco di prova per loro sarà rappresentato dalla fiducia alla Knesset il prossimo 9 giugno o in alternativa il 14, da lì forse sarà già possibile capire avvenimenti e situazioni conseguenti e poter fare valutazioni più approfondite.
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