Di Moro
Karbala, 680 d.C. – una carovana di 70 individui attraversa la Mesopotamia. Ali Ibn Abi Talib, cugino e genero del profeta Maometto, nonché quarto Califfo del nuovo impero islamico, venne assassinato 19 anni prima. Ora al suo posto c’è un usurpatore, Yazid ibn Mu’awiya, figlio di colui che rovesciò il trono alide. Sono i primi anni dello sciismo, nella sua fase politica, e presto occorrerà un evento destinato a cambiare la sua storia.
Su quella carovana in Mesopotamia viaggia Hussain, secondogenito di Ali. Egli vuole proseguire l’opera di suo padre e guidare la rivolta della comunità sciita. Il suo desiderio è di fondare un Islam universale, redentore e che non sia un semplice strumento di potere nelle mani della vecchia aristocrazia araba. A Karbala, Hussain, la sua famiglia e i pochi uomini di scorta verranno massacrati da oltre 4000 truppe califfali.
Questo evento, segnerà indelebilmente le coscienze della comunità sciita, la quale nei secoli si trasformerà da fazione politica a corrente religiosa. La battaglia di Karbala si commemora annualmente in occasione dell’Ashura e plasma il Pathos sciita. Hussain diventerà l’eroe che muore al fianco degli oppressi, la stessa Shi’ah diverrà la corrente di tutti quegli individui che quotidianamente ricercano – lontano da vittimismi – la rivalsa.
Questo tipo di retorica acquisirà un’importanza fondamentale soprattutto a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo. È l’epoca della rivoluzione iraniana, di Saddam Hussein e, non di meno, della guerra civile libanese. È anche l’epoca in cui gli sciiti divengono centrali nelle dinamiche politiche del Medio Oriente. Pensatori come Khomeini, al-Sadr, Shari’ati spingono sulla componente rivoluzionaria e redentrice della Shi’ah alide.
Con questi presupposti, nel 1982 verrà fondato in Libano, Hezbollah – contrazione giornalistica di Hizbu Allah, il “Partito di Dio”. Il contesto è il tragico conflitto civile del Libano che dilaniò la nazione dal 1975 al 1990, portando divisioni e violenze di natura settaria. La formazione nacque inizialmente nella sua accezione paramilitare, allo scopo di neutralizzare l’occupazione israeliana del Libano meridionale e di difendere gli interessi sciiti.
In breve tempo, anche grazie al supporto siro-iraniano, Hezbollah si impose sulla scena politica e militare, riuscendo nel 2000 a sconfiggere definitivamente l’esercito occupante di Tel Aviv. Questo evento – passato alla storia come Conflitto del Libano Meridionale – ha visto il trionfo di una guerriglia forte e decisa durata ben 15 anni. Hassan Nasrallah dirà poi che per la prima volta una forza araba è riuscita a sconfiggere “l’Entità Sionista”.
In 18 anni Hezbollah è passato infatti dall’essere una milizia disorganizzata all’essere dotato di un esercito paramilitare efficiente, professionale e in grado di tenere testa ad uno degli eserciti qualitativamente migliori del mondo. Un progresso che si fonda sull’evoluzione delle tecniche e degli armamenti, che hanno portato una forza militare “dall’onda umana” alla “guerra aperta”, passando per una breve parentesi fatta di attacchi suicidi.
In questo periodo la formazione vedrà anche una crescita lineare del suo apparato politico. Il partito, dal 1992 entra nel parlamento libanese e viene capeggiato dal celebre Hassan Nasrallah, figura politica e religiosa di altissimo livello, conosciuta in tutto il mondo arabo e islamico e paragonato spesso agli altri maggiori esponenti sciiti, come l’Ayatollah iraniano Ali Khamenei, l’imam iracheno Ali al-Sistani e lo stesso Bashar al-Assad, presidente della Siria.
Hezbollah, non solo riesce a contribuire in maniera decisiva alla liberazione del suolo libanese dalle truppe israeliane – ottenuta in maniera completa ed intransigente – ma riesce anche a offrire alla comunità sciita della nazione un’alternativa politica fatta di sviluppo e stabilità. Il partito, è infatti a capo di una fitta rete di associazioni benefiche attive nel campo delle opportunità lavorative e della ricostruzione del martoriato Libano.
Hezbollah si caratterizza infatti come un autentico “partito imprenditore” che investe in progetti di sviluppo nel settore primario, terziario e in quello edilizio, di fondamentale importanza per un Libano che, a causa dei bombardamenti israeliani, ha visto interi quartieri distrutti. I progetti vengono indirizzati ad una comunità sciita che, se prima viveva ai margini della società, diventa man mano sempre più centrale anche nella vita economica nazionale.
Sotto ogni punto di vista, Hezbollah si è rilevata più efficiente del governo di Beirut. Il livello di risorse messe a disposizione dal partito nella ricostruzione della nazione risulta infatti maggiore e impiegato in maniera più efficiente rispetto a quello dello stato. L’inefficienza del governo libanese si trova infatti di fronte a progetti di pura imprenditoria benefica che punta su specialisti e sull’azione collettiva di un’intera comunità.
Attorno al Partito ruotano anche grandi aiuti internazionali provenienti dai musulmani di tutto il mondo. Si rileva determinante anche l’aiuto diretto del governo di Tehran, che infatti non ha lasciato ad Hezbollah una conoscenza unicamente militare. Jihad al-Bina’ (sforzo di ricostruzione) è infatti il risultato dell’attivismo libanese misto all’esperienza iraniana nella progettazione edile fatta durante la guerra Iran-Iraq e in progetti di sviluppo internazionale.
Hezbollah si rivela quindi essere un partito attivo non solo nella politica. Il suo impegno è totale e volto all’emancipazione della comunità sciita e dell’intero Libano. Tuttavia, lo sciismo non si ferma mai ai soli confini di una nazione, ma agisce al fine di una lotta universale. Così, l’organizzazione guarda anche fuori da confini della piccola repubblica levantina e volge il suo sguardo all’intero Medio Oriente, dove ha guadagnato rispetto e prestigio.
In Siria, ad esempio, l’ala paramilitare di Hezbollah ha offerto un servizio efficiente e professionale. Il loro intervento al fianco di Assad vede una forza militare ben equipaggiata e ben addestrata capace anche di reggere da sola intere sezioni del fronte. Questi “terroristi” hanno anche difeso numerosi cristiani dalla furia dello Stato Islamico. L’ISIS, da parte sua, è stato proprio il principale obiettivo dell’azione militare dei libanesi in Siria.
Da notare anche il supporto dell’organizzazione alla causa palestinese. Nel 2021 ci sono stati pesanti scontri che hanno contrapposto Palestina e Israele, in questa occasione, dalla striscia di Gaza sono stati lanciati migliaia di missili. Rispetto ai precedenti eventi, i palestinesi hanno mostrato un notevole avanzamento sia sul fronte tecnologico che sul fronte della preparazione individuale. Per Tel Aviv, è stata di fatto, una sconfitta.
Se i palestinesi sono riusciti a sfinire le difese missilistiche israeliane, questo è stato anche grazie ai collegamenti tra le milizie di resistenza palestinesi (tra cui Hamas) ed Hezbollah. Gaza ha infatti potuto beneficiare del supporto formativo e materiale di specialisti iraniani e libanesi, ai quali sarebbero riconducibili le loro nuove capacità belliche. Questo mette anche in luce come sunniti (Hamas) e sciiti (Hezbollah) siano più vicini di quanto non si creda.
Oggi Hezbollah viene considerata da più parti come un’organizzazione terroristica. Tuttavia, molti, nel fare questo, ignorano la reale definizione di terrorismo, che implica l’implicita intenzione di provocare terrore nella popolazione al fine di ottenere un vantaggio politico. Questa strategia è estranea all’organizzazione, che infatti si è sempre mobilitata piuttosto in azioni asimmetriche al fine di confrontarsi con un nemico identificabile.
Piuttosto, Hezbollah rappresenta una risposta organica ad un mondo moderno livellatore di ogni identità e di ogni concezione del sacro. Il suo impegno riguarda ogni aspetto di una comunità – come quella sciita – in rapida ascesa. Il suo sforzo è metapolitico (non esclusivamente politico) e volto nel profondo a riaffermare il diritto delle comunità libanesi ad autodeterminarsi, lontano dal materialismo e dal capitalismo americano.
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