Di Andrea
Ci troviamo in un sistema economico fondato su disparità, sfruttamento e asservimento totale, il quale è il principale artefice delle pessime condizioni di vita della gran parte della popolazione mondiale. Dal momento che l’economia capitalista regge le proprie fondamenta su una concezione neoliberista, possiamo osservare come dalla cima di questa costruzione, popolata da questi agenti attivi del capitale che riconoscono come unico padrone la “legge del mercato”, si delinei una piramide formata da livelli decrescenti, soggetti ad uno sfruttamento sempre più sfrenato che ha come unica conseguenza dolore e miseria.
In questo contesto possiamo focalizzare la nostra attenzione sulla natura di questa condizione di vera e propria servitù. Frederic Lordon, nel suo “Capitalismo, desiderio e servitù”, attua un’analisi antropologica delle passioni nel lavoro contemporaneo, studiando, in un’ottica spinoziana, le dinamiche del capitalismo tramite le passioni umane tra dominanti e dominati. Nella sua indagine Lordon sviluppa una tesi particolare, identificando la servitù interna a tale sistema economico come una servitù passionale universale. Ora, si potrebbe cercare di approfondire in modo più dettagliato che tipo di meccanismo è presente nella società contemporanea segnata dal trionfo del libero mercato, con la consapevolezza di non poter essere esaustivi su un tema di così ampia portata e di difficile comprensione.
Una concezione di schiavitù basata sull’aspetto volontaristico potrebbe fare da veicolo ad una metafisica soggettivista della quale si nutre il pensiero individualista contemporaneo, lo stesso che sorreggeil capitalismo. A tal proposito l’individuo attua dei comportamenti egoistici, perdendo il legame con la propria comunità d’appartenenza e sprofondando nella più sfrenata competizione che ha come unico scopo il profitto e la prevaricazione sul più debole.
Ciò che muove davvero il genere umano, secondo Lordon, è ciò che possa creare un differenziale simbolico nella catena di sfruttamento, il quale, non realizzandosi sostanzialmente o rimanendo astratto, è in realtà l’illusione di un privilegio che questa catena può assegnare. Da queste considerazioni, seguendo gli studi di Spinoza sulle passioni, delinea un’utopica forma di schiavitù in cui desideri e affetti dell’individuo divengono padroni dello stesso, che di conseguenza bisognerebbe eliminare per non essere soggetti alla schiavitù.
Nonostante ciò anche l’espressione passionale sembra mancare di completezza, non riesce a spiegare pienamente i meccanismi di sfruttamento dell’economia capitalista. La catena di sfruttamento a cui gli esseri umani sono incatenati ha come prerogativa la concezione per la quale la dimensione materiale ed economica va considerata come primo presupposto di ogni esistenza umana. È proprio da questi principi che Lordon si fa alfiere, identificando inoltre nel denaro l’elemento antropologico del desiderio manifestato come essenza stessa dell’uomo, facendo cosi coincidere il piano dell’umano con quello economico.
Una tale concezione dell’uomo come mera materialità, subordinato nella sua essenza dalla sfera economica e dedito solamente a produrre e consumare, è una delle cause intime del sistema di sfruttamento capitalistico universalizzato dell’età contemporanea. L’economia non può essere un fine in sé, non è né l’origine né l’essenza dell’umanità e deve essere sottoposta alla volontà politica.
Avendo perduto il capitalismo la propria forma privata e nazionale per divenire finanziario e apolide, la punta della piramide è sotto il controllo di grandi gruppi finanziari internazionali, un’oligarchia capitalista sfruttatrice. La servitù propinata da questi, ultimo appiglio per imporre il proprio dominio, fa in modo che l’individuo stesso sia complice del proprio sfruttamento.
Esistono molti processi e fenomeni che hanno come conseguenza l’inserimento degli esseri umani negli ingranaggi dello sfruttamento capitalista, delle casse di risonanza utili all’espansione del capitale mascherate come eventi fautori di un progresso per l’umanità intera ma che in realtà sono soltanto uno specchio per le allodole. Il servo ha fatto sua la visione del signore, il quale si sta servendo di strumenti ideologici e politici per mantenere il dominio e imponendo le proprie condizioni di esistenza.
La tendenza generale del capitale è quella di trasformare tutto in produzione di capitale stesso e nell’era del neoliberismo sfrenato è riuscito ad espandersi nello spirito dell’uomo, rendendo schiava ogni sfera del suo essere. Con l’innalzamento delle condizioni di vita, la coercizione violenta fa da padrona in quei paesi vittime delle violenze delle multinazionali, dove non esistono diritti sociali o tutele, ma in Occidente, tranne alcune eccezioni, il benessere ha portato la gran parte della popolazione ad abbracciare uno stile di vita basato sul consumismo e la competizione, che funge da terreno fertile nel quale il capitale cresce indisturbato.
Altri complici di questa condizione sono i processi di diffusione guidata su scala mondiale del commercio, dei mercati, oltre che della produzione, processi sintetizzati nella parola “globalizzazione”. Questo e altri fenomeni paralleli (mondializzazione, cosmopolitismo) mostrati dai dominanti come dogmi del progresso umano, come fossero condizioni eterne e necessarie. La tendenza alla mercificazione del capitalismo ha colpito anche le forme di pensiero e parti dell’opinione pubblica, trasformando così l’uomo stesso in una merce, utile strumento materiale.
La conseguenza di tutto ciò è la servitù dell’uomo, la creazione di catene, dolore e privazione dei molti per la ricchezza dei pochi: la dittatura del mercato è diventata schiavitù del pensiero. L’uomo accetta inerme questa condizione, ama le sue catene.
Il capitalismo, per mantenere la propria posizione di dominio ha dovuto compiere un’opera di riorganizzazione strutturale che ha portato al progressivo depotenziamento dell’uomo e delle sue funzioni, rendendolo sradicato, indifeso e soggetto ai flussi di una società sempre più liquida e atomizzata. Senza più uno scopo superiore, ogni slancio che trascende la materialità è visto come nocivo per la sopravvivenza del capitale stesso.
Concludendo, il gioco sotto cui il nuovo capitale finanziario tiene imprigionata l’umanità è riuscito ad insinuarsi nell’animo della stessa, livellando ogni aspetto dell’individualità a dato calcolabile e quantificabile. La schiavitù viene accettata come simbolo del progresso attuando una vera e propria azione modellatrice sull’essenza dell’uomo, rendendolo, con i suoi comportamenti e con le proprie convinzioni dettate dall’unica grande narrazione, agente attivo del capitale e causa del proprio sfruttamento.
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