di Luca

“Ragazzi non si fa politica in classe!”: se anche tu sei stato interrotto con questa frase mentre sostenevi un discorso su un qualsivoglia argomento di attualità o storico con posizioni non allineate durante la lezione, tranquillo, nulla di anomalo, è solo un altro squallido slogan di questo mondo che va a rotoli.

Mai parole più fasulle furono pronunciate, ma andiamo per ordine e approfondiamo le ragioni di questa sentenza.

Gli istituti e le università sono da sempre luogo di acceso dibattito politico, per due principali ragioni: essendo in primis luogo di sapere e formazione personale dove ci si confronta e si analizzano gli avvenimenti del presente e del passato ma, soprattutto, perché frequentate dai giovani, le anime più vive del popolo che rendono la scuola un’enorme concentrazione di energie innovatrici.

Più volte nella storia, infatti, gli studenti si sono sacrificati per la propria nazione e sono stati la scintilla di un fuoco che è divampato in un incendio (come nella rivoluzione ungherese del 1956 partita da una manifestazione studentesca). Questo a dimostrazione del fatto che scuola e politica sono strettamente legate anche se oggi sembrano avere un rapporto complicato e turbolento e vengono viste come cose distanti.

Se questo non dovesse bastare, fissiamo un altro concetto e cioè che tutto è politica.

Facciamo degli esempi chiarificatori: La bibita che hai ordinato al ristorante (nel caso in cui fosse fortuitamente aperto, visto il periodo) e il bicchiere da cui la stai bevendo, la benzina che muove la tua auto, il tram che ti porta in stazione e la strada sulla quale marcia, tutto ciò che ci circonda e con cui ci rapportiamo quotidianamente è frutto di scelte politiche o di conseguenze legate ad esse.

La scuola, che dovrebbe essere il polo della crescita spirituale di ogni individuo, non può sopprimere i fermenti ideali che si vengono inevitabilmente a creare per i corridoi e nelle classi degli istituti, mentre invece è proprio quello che sta facendo. Al posto di fornire un’educazione che formi il pensiero critico e lo spirito degli italiani di domani il “pacchetto formativo” offre agli studenti vuoto nozionismo e indottrinamento, politico e non solo, allo stato puro e per giunta mal celato.

Tornando quindi al primo concetto fissato: è sbagliato quindi dire che a scuola oggi non si fa politica, ma ora inteso in un’accezione differente da quella iniziale.

Tralasciando per ora i casi di professori fortemente politicizzati che in aula fanno spudoratamente vera e propria campagna elettorale, anche tutti gli altri “più sobri” non è che siano tutto sommato molto meglio. Infatti seppur magari non platealmente come la precedente categoria anche in questo caso il pensiero politico dominante viene servito agli studenti in forme diverse, meno esplicite, ma nel complesso assai più efficaci.

Queste idee di piatta uguaglianza, globalizzazione, finta pace e democrazia vengono spacciate per apolitiche, devono necessariamente essere assimilate e accettate da chiunque, senza se e senza ma. Tesi che vengono propugnate da decenni e che si sono fossilizzate in dogmi innegabili e incontestabili.

In parole povere, politica a scuola se ne fa e se ne fa anche tanta. Riprendendo quindi il cliché messo in apertura per strappare un sorriso a chi con quella frase ci ha combattuto per minimo cinque lunghi anni, la versione più corretta e onesta dovrebbe essere “Ragazzi non si possono esprimere idee differenti dal pensiero dominante in classe!”.

Infatti chi sostiene qualcosa di diverso o scomodo non ha vita facile. Guai ad esempio affermare che l’immigrazione clandestina massiccia sia sbagliata, che le identità e i popoli esistono e sono ben diversi o peggio ancora che il parlamento e la democrazia sono ormai ridotti al rango di un vergognoso teatrino.

Ogni barlume di dissidenza viene prontamente contestato a gran voce con un accanimento che alle volte rasenta il ridicolo e mette a nudo tutto quanto detto poco fa, ma attenzione non dimentichiamoci che a loro dire tutto questo lo fanno per la libertà di pensiero.

L’ultimo eclatante esempio è il caso della conferenza organizzata al liceo Giulio Cesare di Roma e che vedeva tra i relatori rappresentanti di Generazione Popolare, Giovani Democratici e Blocco Studentesco. Un’occasione davvero onesta e trasparente per confrontare varie visioni del mondo. Proprio per questo è dovuto prontamente intervenire il collegio docenti minacciando di sopprimere l’intera settimana dello studente se avesse realmente partecipato Blocco Studentesco, così da eliminare qualsiasi genere di contraddittorio al pensiero unico e salvaguardare l’indottrinamento imposto.

Andando avanti a sopprimere in questo modo la libertà di confronto delle idee si riesce a far passare il messaggio che la politica è pedante e piena di tecnicismi tanto da apparire come “roba da vecchi” agli occhi di uno studente proprio perché viene negata la possibilità di partecipare ad un reale dibattito che infuoca gli spiriti. Come già detto non v’è più grande errore di pensare che la politica siano solo i candidati ed i loro programmi quando si va alle urne, e ciò che racchiude l’arco parlamentare. Eppure questo fanno apparire agli occhi dei giovani, il cui interesse va sempre più scemando

Il cittadino ideale oggi è quello depensante: Nessun pensiero critico, nessun dissenso, nessun ostacolo.

Ridotti a una massa inconsapevole della realtà circostante, alienandosi dalla politica rinunciano in primis a loro stessi. L’interesse politico deve limitarsi alla scelta su quale simbolo apporre la croce durante le elezioni, questo sembra essere il mantra imperante di oggi, giusto lo stretto necessario per tenere in piedi la giostra della democrazia e legittimare così una “nuova” ma (in realtà) uguale classe dirigente che potrà agire impunita per il proprio tornaconto a spese della nazione. Sembrano così finiti i tempi di Gaberiana memoria in cui “libertà è partecipazione”, a quanto pare ora ci sono altri interessi.

Il nuovo dogma da abbracciare è quello della moderazione e del quieto vivere, della cieca obbedienza e della passiva accettazione di ogni decisione subita sulla propria pelle, ma a noi i dogmi non sono mai piaciuti.

C’è bisogno che nelle scuole torni la tensione politica, il confronto acceso e partecipato. Gli studenti devono poter discutere e far crescere le proprie idee libere cosicché possano tornare ad amare la politica e l’azione e riaffermarsi come protagonisti della scena. E nel caso in cui le parole non dovessero bastare, perché no, anche una sincera scazzottata serve a far capire se si è davvero convinti delle proprie idee.