Di Leonardo
La prima guerra cecena è stata sicuramente la guerra più violenta e sanguinosa in cui la Russia post sovietica sia stata coinvolta come protagonista.
Questa fu infatti una guerra mossa dal popolo ceceno (popolazione di fede islamica stanziata nel Caucaso) per guadagnare l’indipendenza.
La guerra scoppiò nel 1991 ma i ceceni già da tempo portavano avanti azioni di guerriglia armata contro le forze russe e spesso avvenivano scontri tra ceceni e altri gruppi etnici (Ucraini, russi, armeni ecc… ecc…).
Uno degli eventi centrali di questa guerra è stata sicuramente l’occupazione russa della capitale cecena ”Groznyj” avvenuta nel 1994.
Di questo evento hanno riscosso recentemente una certa notorietà sul web dei video che riportano trasmissioni radio di un gruppo di soldati russi accerchiati e messi con le spalle al muro dalle forze cecene. Si tratta della 131° brigata fanteria motorizzata sotto il comando del colonnello Ivan Alekseevich Savin che aveva occupato la stazione ferroviaria centrale della città.
L’ufficiale russo tentò, la notte dell’accerchiamento, di ricevere rinforzi ma il comando non diede false speranze: l’offensiva stava avendo seri problemi nel farsi avanti tra imboscate, attacchi suicidi e autobombe; conseguentemente non c’erano truppe disponibili per fornire supporto.
Savin e i suoi uomini erano rimasti soli, accerchiati e molti di loro feriti gravemente, era chiaro a tutti che non sarebbero tornati a casa dopo il prossimo attacco.
Il colonnello venne poi contattato dall’uomo a capo delle forze cecene che lo stavano tenendo accerchiato (Spesso identificato, anche se non si ha prove certe, come Turpal-Ali Atgeriyev. Questo fu un militare ceceno che divenne anche ministro della sicurezza nazionale della repubblica cecena, nonchè il coordinatore di tutte le forze cecene durante la battaglia di Groznyj), il testo della loro conversazione viene qui riportato:
Ufficiale ceceno: “Alik, forse non è troppo tardi, dì ai tuoi uomini di ritirarsi. Non farlo, non farlo. In ogni caso, Alik, tu ed io moriremo in ogni caso. Qual’è il punto in tutto ciò? Chi vincerà in questo? Tu ed Io non vinceremo, capito? Se ci vediamo o io ti vedrò nel mezzo dell’azione non mostrerò pietà, proprio come anche tu faresti, capito? È meglio se vieni da me come un’ospite. Fai ritirare i tuoi uomini. Abbi pietà per le loro madri, abbi pietà per i tuoi uomini, falli ritirare. Dai l’ordine.”
Colonnello Savin: “non posso dare questo ordine.”
Ufficiale ceceno: “Alik, dal mio cuore, Io spero che tu sopravviva a questo, ma è meglio se te ne vai.”
Colonnello Savin: “Non ho scelta. Ho degli ordini e li seguirò in ogni caso”
Alik era il soprannome che i suoi commilitoni avevano dato al colonnello russo, il fatto che l’ufficiale ceceno conoscesse il soprannome di Ivan ha dato origine ad un’altra speculazione (forse più fondata di quella dove il ceceno sarebbe Turpal-Ali) secondo cui loro due fossero stati commilitoni durante la guerra in Afghanistan stringendo un sincero rapporto di amicizia, cosa che spiegherebbe l’insistere dell’ufficiale ceceno nel far ripiegare quell’ormai stremata e ridotta all’osso brigata di fanteria barricata nell’edificio della stazione ferroviaria.
In questo caso l’animalesco istinto di sopravvivenza che pervade la nostra specie, ha lasciato spazio a qualcosa di più alto e profondo: l’onore.
Ivan sapeva benissimo che non c’erano speranze di vincere quello scontro, eppure rifiuta l’unica opportunità che ha per salvarsi.
Non lo fa perché non ha cara la vita, non lo fa perché non abbia niente a cui tenere, anzi, lo fa per l’esatto contrario.
Il giorno dopo le forze cecene riusciranno a conquistare l’edificio e la brigata russa verrà completamente annientata, solo una manciata di uomini sopravvivranno a quello scontro e fra quelli non ci fu Alik.
Questa storia racconta più di un semplice scontro ma di una visione: servire qualcosa di più alto a costo di ciò che vi è di più prezioso, la vita.
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