Di Lemmy

Eccoci tornati con la rubrica Musica Alternativa, ormai giunta al terzo appuntamento.

Oggi parliamo di una band di riferimento per l’area politica a cui si rivolge, attiva sin dalla fine degli anni ’90. Ci riferiamo ai nostrani Zetazeroalfa, di cui tutti cantiamo più di qualche canzone a memoria. Ciò non toglie che però molta gente non ne conosca la storia fino in fondo.

Ad esempio, quanti sapevano che nel 2005 gli Zetazeroalfa, accompagnati dal gruppo dal nome iconico La Peggio Gioventù, suonano nel carcere romano di Rebibbia, come atto di solidarietà nei confronti dei detenuti?

Come può, quindi, iniziare una storia così lunga come quella degli Zetazeroalfa? Direttamente dalle parole del frontman, che nel libro biografia della band “Forti Rockamboleschi Venti” comincia a delineare i tratti della band romana: <<Zetazeroalfa è nato per scherzo, in una calda sera d’estate a Roma, nostra città, tra una birra e una battuta ci immaginammo cosa sarebbe successo se avessimo messo in musica la nostra visione della vita… e così iniziammo a suonare!>>

Era il lontano 1997. CasaPound non esisteva ancora, né tantomeno la saetta del Blocco Studentesco aveva ancora folgorato le scuole italiane. Il rifugio di questi “pirati” era il Cutty Sark, quella zona franca nella metropoli romana dove trovava posto una specie di moderna Tortuga. Ed è proprio al bancone del Cutty, come lo chiamano ancora oggi gli assidui frequentatori, che nasce questo progetto musicale, rivoluzionario e ideale, destinato negli anni successivi a sovvertire le regole di musica e politica italiana.

Anni successivi che si sono dimostrati gloriosi senza dubbio, come ampiamente previsto dalla scelta del nome. Tre parole piene di significato e di storia che, oltre a far drizzare sempre le orecchie a qualche critico benpensante su Repubblica e su RockIt, hanno saputo ben inserirsi nel panorama internazionale. Lo testimoniano il tour europeo del 2007 che ha toccato addirittura Finlandia e la Spagna, i concerti a Bangkok in Thailandia, in Canada, a Buenos Aires… In tutto sono oltre 200 le date coperte fin’ora dagli Zetazeroalfa.

Ma cosa significa Zetazeroalfa?

La Zeta è ultima lettera del nostro alfabeto, mentre qui è la prima del nome. Può indicare un’incognita, una coordinata. Identifica l’impedenza elettronica cosi come l’Ascia di Guerra dell’alfabeto cuneiforme. Onomatopeicamente sembra la rappresentazione sonora di un taglio verticale, come una scarica elettrica.

Lo Zero è il numero cardinale che indica l’assenza, la mancanza di qualsiasi unità. È lo stato iniziale di una qualsiasi grandezza, variabile in due sensi opposti. Sparare a zero, balisticamente parlando, significa aprire il fuoco quando il bersaglio è molto vicino. Sempre onomatopeicamente questa vota somiglia ad un taglio orizzontale. Un movimento di pulizia, come per creare una tabula rasa.

L’Alfa, dopo che tutto è stato cancellato, bisogna ricominciare. Quale lettera migliore, quindi, se non la prima?

Tutto questo è ZETAZEROALFA, l’unione della ciclicità dei tre concetti che crea, degenera, distrugge e ricomincia. È l’implacabile metamorfosi dell’uomo, del suo ambiente, del suo vero essere. È il fragore della saetta che squarcia il buio, che dilania il grigio, che divide bianco e nero, riporta ordine e che accende il fuoco.

Perfettamente coerenti con lo spirito rock di cui sono sia ispiratori che eredi, citano tra le loro più grandi influenze i Rolling Stones e i Motorhead (di cui un mio omonimo dice di essere stato il bassista…), ma non si fermano certo qui. Stilare una lista da cui trarre un vero filo conduttore stilistico è difficile se non impossibile. Infatti, come racconta Gianluca in un’intervista per EreticaMente subito dopo l’uscita dell’ultimo album: <<Siamo in cinque nel gruppo e diciamo che ognuno ha dei punti di riferimento a livello artistico e questo emerge anche nell’ascolto dei nostri lavori che sono sempre molto eterogene”>>.

Le canzoni e le influenze traggono a mani basse da ispirazioni rap/hip hop, punk, addirittura country e jazz. Per quanto legati alla tradizione del Rock, si distanziano di gran lunga dalle produzioni anni ’70 che, a detta di Sinevox stesso: <<cantavano situazioni e stati d’animo legati a quelle circostanze storiche. Agli inizi del 2000 trovavamo ridicolo che nostri coetanei si atteggiassero nei testi e negli atteggiamenti a quelli che ci avevano preceduto anni e anni prima perché non ne avevano diritto, erano fuori luogo e mortificavano le nuove generazioni con nenie pesantissime fuori tempo massimo>>.

Un taglio netto col passato quindi, senza mai rinnegare le proprie origini, che proietta la band romana nel nuovo millennio con una serie di album iconici. Dall’originale La Dittatura del Sorriso fino alla chiusura del primo decennio con Disperato Amore, passando per La Ballata dello Stoccafisso nel 2007 fino all’ultimo lavoro ispirato al borgo medioevale Morimondo, di cui vi lasciamo un’ultima riflessione, in attesa del prossimo album.

<<Tempo fa mi trovai vicino Milano e rimasi colpito dal suono di questa parola.>> – Racconta sempre Gianluca – <<C’era la nebbia, la strada deserta e c’era questo cartello stradale crivellato di colpi con su scritto questo nome così musicale e sinistro… lo senti come suona? Morimondo. Non si capisce esattamente cosa sia, se una cantilena, una promessa, una minaccia… dietro questo cartello c’era un grande albero senza foglie né colore che si snodava verso il cielo e aveva le forme di una grande mano… Mi misi a controllare il suo significato e cosa voleva dire? “La montagna che sovrasta la palude”. Questo è il significato del nome Morimondo che deriva dal francese. Il parallelismo con CasaPound è stato istantaneo>>.