Di Moro

A partire dal terzo millennio abbiamo sentito parlare, in continuazione, di “estremisti islamici”, “fanatismo islamista” e altre denominazioni dall’accuratezza non sempre limpida. C’è però da chiedersi innanzitutto che cosa sia questo fenomeno. Se poi vogliamo “conoscere il nostro nemico” a tutti gli effetti, e saperlo distinguere dal nostro amico, dobbiamo poi interrogarci circa la sua storia e la sua filosofia, per arrivare a comprendere che l’estremismo in ambito musulmano è profondamente eterodosso rispetto all’Islam più comune.

Indichiamo come fanatici, infatti, gruppi spesso di ispirazione salafita o wahabita, correnti di pensiero definite non ortodosse (sunnite) ai sensi della Conferenza Islamica di Groznyj, nel 2016, in Cecenia. Nella suddetta, quelli dell’ISIS, ma anche quelli del casato Sa’ud in Arabia Saudita, sarebbero indicati come appartenenti non al sunnismo bensì alla corrente kharigita dell’Islam, alternativa a sunna e shi’a, appunto.

Per i più profani, il kharigismo è quella corrente di pensiero nata in seno alla prima guerra civile islamica (Fitna). Fu il primo vero scisma, ancora prima di quello sciita. I membri di questa setta si sarebbero distaccati quando Alì, il quarto “califfo ben guidato”, nonché primo imam secondo gli sciiti, avrebbe concesso la tregua al suo nemico, al-Mu’awiya, futuro patriarca della dinastia Umayyade Ciò avvenne durante la battaglia di Siffin, nel 657, scontro che Alì stava per vincere, ma che invece si esaurì in una tregua che costò alla futura setta sciita la vittoria.

I kharigiti si sarebbero quindi scissi dichiarando che solo la battaglia può indicare il volere divino. Si caratterizzerebbero infatti come il primo movimento terroristico, avendo essi la tendenza a considerare come passibile di morte ogni altro credente. I membri di questa setta, un tempo più popolare, sarebbero stati sterminati a più riprese nel corso dei secoli, finché oggi vi si trovano solo alcune comunità moderate, gli ibaditi, in Oman e in zone del sahara algerino.

Ma ancora, i kharigiti si rileverebbero essere più “egalitari” dei terroristi moderni. Per loro qualunque essere umano puro dai peccati potrebbe guidare la comunità (l’Umma), persino una donna o uno schiavo. Discorso diverso per i wahabiti, la quale visione letteralista avrebbe persino fatto dire al suo fondatore, Muhammad Ibn ‘Abd al-Wahhab, che nessuno può “diventare” musulmano, ma può solo nascerci.

Certo nel decaduto Stato Islamico era concesso diventare musulmani, ma non si creda che Da’ish fosse più moderato di al-Wahhab. Tre alternative erano concesse al cittadino non sunnita: la conversione, la tassa o la morte. Comportamento che va oltre la celebre frase del Corano che recita: “non vi sia costrizione nella religione”.

Ma in particolare, chi sono i wahabiti? Questi nascono nella metà del XVIII secolo come un movimento di purificazione dell’Islam. Il loro fondatore, Al-Wahhab, è stato uno studente di maestri di scuola hanbalita, la corrente più tradizionalista del sunnismo, del quale i wahabiti si dicono continuatori (nonostante la presa di distanza degli hanbaliti).

La loro storia si rileva fin da subito essere piuttosto travagliata, con i primi seguaci che arrivano a occupare Mecca, Medina e uno dei luoghi più sacri agli sciiti, Karbala, dove è seppellito l’Imam Husayn. Subiscono persino diverse spedizioni militari guidate ora dall’Egitto, ora dall’Impero Ottomano. Atti militari che comunque non gli impediscono di fondare il loro stato nel Najd, in pieno deserto arabico. (Quella che diventerà l’Arabia Saudita)

Il movimento conosce poi un enorme sviluppo a seguito dell’invasione napoleonica dell’Egitto del 1798, quando l’intero mondo islamico incontra la tecnologia europea e si rende conto del torpore in cui era decaduto a partire dall’incursione mongola di Baghdad nel 1258, con la conseguente fine del Califfato Abbaside. Se infatti da una parte prendono lentamente vita movimenti detti “modernisti” dall’altra si espandono correnti più letteraliste come il wahabismo.

La monarchia saudita, dalla sua capitale, Riyad, ha infatti rappresentato il centro di un’immensa opera di diffusione della nuova ideologia integralista, questo con il supporto del Regno Unito, che ha prontamente strumentalizzato la visione di al-Wahhab in chiave anti-turca, contemporaneamente invece, gli Ottomani stavano, a più riprese, abbracciando il riformismo religioso in chiave modernista.

Dopo la Prima Guerra Mondiale il mondo arabo vide la fine del dominio turco e del suo plurisecolare califfato che si dimostrava da sempre relativamente equo in materia religiosa. Inizialmente il Medio Oriente vide quindi il fiorire del nazionalismo arabo, con la dinastia hashimita che prese possesso di stati come la Siria, l’Iraq, l’Hijaz e lo Yemen. Il movimento però non riuscì a prendere piede e li perse, complice la frammentazione del Medio Oriente in numerosi protettorati e la graduale perdita di potere del casato arabo.

È questo il periodo in cui i wahabiti fondano il potente stato dell’Arabia Saudita, quando nel 1926 il Najd conquista il regno Hashimita dell’Hijaz. Gli estremisti che già avevano perfezionato il loro stato prendono possesso del luogo più sacro per l’Islam, la Ka’ba alla Mecca. Di fatto dando prestigio alla dinastia dei Sa’ud, dal XVIII secolo esponenti dell’ideologia wahabita.

Il fondamentalismo religioso vide però la sua internazionalizzazione solo a seguito della Seconda Guerra Mondiale. Questo è il periodo in cui nasce illegittimamente lo Stato di Israele, in cui il Pakistan diviene una Nazione indipendente e in cui pian piano si assiste ad un lungo processo di decolonizzazione. Il caos generato dà vita a governi social-nazionalisti come l’Egitto, ma vede anche un’ulteriore espansione dell’estremismo, portato avanti soprattutto dalla neonata organizzazione dei Fratelli Musulmani.

Succede così che il wahabismo diviene l’ideologia dello stato teocratico del Pakistan, dove a causa della repressione israeliana si assiste ad un fenomeno di radicalizzazione della società palestinese e prende piede il movimento dei taliban (gli “studenti”) in Afghanistan. Episodi che si affiancano a fenomeni analoghi in Nazioni come l’Algeria, la Somalia, la Cecenia e niente di meno che la nascita di al Qa’ida con i relativi attentati.

Un balzo nella storia immenso ci porta alla caduta di Saddam Hussain a seguito dell’invasione dell’Iraq, alla quale hanno partecipato insieme agli stati uniti anche Nazioni wahabite come l’Arabia Saudita. Questo evento porterà gli sciiti, prima osteggiati, ad acquisire sempre più potere, fenomeno che causerà un aumento delle tensioni sociali che, se all’inizio sublimavano in una logorante guerriglia, a partire dagli anni ’10 del nuovo millennio vedranno l’alba dell’ISIS. Organizzazione che vide la partecipazione di tribù, guerriglieri, membri di al-Qa’ida e reparti dell’esercito iracheno tutti accomunati da un forte revanscismo e da fanatismo religioso.

L’organizzazione terroristica, con l’enorme mole di sangue versato, susciterà uno scalpore internazionale tale che porterà il mondo intero e in primis i musulmani stessi a scendere in campo contro il fenomeno dell’estremismo. Forse un po’ troppo tardi, visto che intanto degrado e usurpazione del territorio unita al prestigio delle petromonarchie hanno portato la simpatia di quasi il 7% dell’intera popolazione musulmana per fenomeni di estremismo religioso.

Dove molti musulmani sono i primi a pagare con il sangue la guerra al fanatismo, è impossibile negare la responsabilità di Nazioni come UK e USA. In particolare, questi ultimi che sono da decenni i maggiori alleati commerciali e militari di governi come quello saudita che da sempre sono più o meno velatamente i maggiori finanziatori di organizzazioni estremiste. Basti vedere il supporto all’opposizione siriana, brulicante di organizzazioni jihadiste.

Ad oggi il wahabismo sarebbe diffuso in percentuali maggioritarie in Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, sebbene i suoi seguaci sarebbero presenti in tutto il mondo islamico, dall’Indonesia al Marocco, passando per Parigi e la Cina occidentale. È però doveroso ricordare che, come detto a più riprese, questa corrente di pensiero è considerata eretica dal resto dei musulmani.

Sarebbero infatti molte le caratteristiche eterodosse dei wahabiti, dalle violazioni della giurisprudenza circa il jihad bellico (jihad non equivale a guerra santa) al maltrattamento di donne e bambini invece condannati dal Corano, dalle conversioni forzate agli attentai suicidi, proibiti come ogni altro atto di autolesionismo e omicidio fuori dal contesto bellico/della giustizia.

L’Islam è infatti un fenomeno identitario di più di 1,5 miliardi di persone in tutto il mondo, nonché una religione complessa e articolata che ha condizionato la storia a partire da quel lontano VII secolo. Un’intesa con l’Islam, vista come chiave anche da Benito Mussolini, risulta qindi indispensabile per garantire la pace nel Mar Mediterraneo.

Sotto questo punto di vista, Groznyj segna un punto di svolta epocale nelle relazioni tra Islam e le sue frange più estremiste, che di fatto mettono sullo stesso fronte la condanna al terrorismo da parte degli occidentali e dei musulmani. La Conferenza Islamica di Groznyj è stata condannata dall’Arabia Saudita come atto di discriminazione verso i wahabiti. Altro motivo per cui la petromonarchia tanto amica degli americani è in realtà una minaccia.