di Cippa
Inizia oggi una serie di articoli che andrà ad analizzare l’evoluzione di una delle arti più antiche della storia umana: l’arte della guerra, nello specifico l’arte del mercenariato. Parliamo di arte perché si tratta di un mestiere, richiede una certa abilità bellica e molto spirito di adattamento, perché come in ogni altra forma di combattimento che riguardi la guerra e non i duelli d’onore dove le regole sono ben diverse e variano nelle culture del mondo, c’è un’unica cosa che conta: SOPRAVVIVERE.
Questa serie cercherà di approfondire e spiegare, attraverso le figure dei più grandi mercenari della storia, tutte le varie forme che ha assunto quest’arte fino ad arrivare ai giorni nostri, cercando sempre di offrirne un’immagine il più obbiettiva possibile.
Non è sempre facile comprendere le ragioni che spingono un uomo a intraprendere la carriera di Mercenario: c’è chi è stato spinto dalla ricerca dell’avventura, chi dall’amor di Patria, chi da una necessità di fuga, chi perché non sa fare altro e certo anche chi ha voluto farlo solamente per denaro macchiandosi di crimini orribili. Come sempre la natura umana è mutevole e, a seconda degli intenti dell’individuo che compie le azioni, esse divengono atroci e ingiuste o giuste e compassionevoli.
Il Mercenario non è però, il mostro che oggigiorno viene passato dai mezzi d’informazione, il Mercenario è un guerriero che combatte, prima di tutto, per la propria vita e i propri ideali.
La prima figura che voglio analizzare è un uomo vissuto durante il VII^ secolo a.C., fu poeta e soldato, combatté come mercenario per la madrepatria greca nel periodo che portò le “poleis” a espandere il loro territorio nel Mediterraneo fondando la celeberrima Magna Grecia. Parliamo di Archiloco.
Figlio di una schiava e di un aristocratico, quello che sappiamo sul suo conto è giunto fino a noi da frammenti dei suoi scritti. Ho scelto di partire da Archiloco proprio perché in questi suoi lasciti si trovano delle vere e proprie testimonianze di ciò che era ed è il lavoro del mercenario che, nelle sensazioni che vive chi lo pratica probabilmente non è cambiato.
Uno di questi frammenti, ad esempio, esprime il concetto di Sopravvivere, di quanto conti in una guerra e non nell’ambito dei duelli omerici della tradizione antica, di quanto poco valga lo “scudo” come oggetto rispetto alla propria vita contrariamente agli omerici canti per le armi d’Achille più importanti di molte vite:
“Qualcuno dei Sai si vanta del mio scudo, che presso un cespuglio
-arma gloriosa- lasciai non volendo.
Ma salvai la mia vita. Quello scudo, che importa?
Vada in malora. Un altro ne acquisterò, non meno bello.”
In un altro frammento racconta di come preferisca un vero comandante valoroso a uno di presenza, di come sia preferibile l’essere all’apparire:
“Non amo un generale alto, che sta a gambe larghe,
fiero dei suoi riccioli e ben rasato.
Uno basso ne voglio, con le gambe storte,
ma ben saldo sui piedi e pieno di coraggio.”
In un altro ancora il poeta guerriero narra dei momenti conviviali, che possiamo tranquillamente definire camerateschi, tra lui e i suoi compagni che nel susseguirsi di lunghi turni di guardia sui ponti delle navi passano il tempo a bere per far passare l’attesa.
“Va con la grande coppa tra i banchi della veloce
nave, togli i suggelli dalle anfore panciute;
e il vino rosso spilla fino alla feccia: di guardia
qui noi non potremmo restare senza bere.”
Come ultimo frammento voglio portarne uno in cui si evince cosa significa essere un mercenario. Per motivi linguistici sorge qualche dubbio tra la traduzione “lancia” piuttosto che “ponte della nave”, davanti a questa incertezza, però, mi assumo la responsabilità della scelta in chiave “romantica”:
“Impastato è il mio pane nella lancia;
nella lancia è il mio vino della Tracia;
alla lancia io mi appoggio quando bevo.”
La lancia, la sua arma è ciò che gli procura da vivere, da bere e da mangiare e a quella lui si sostiene per bere e riposare. La guerra è la sua vita in quanto mercenario. Ma Archiloco non lottò solo per soldi come oggi ci farebbero credere, non fu nemmeno un avventuriero sconsiderato: lottò sempre per la sua Patria, contro i nemici della sua terra e per espandere il dominio delle poleis greche.
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