Di Alberto
Il conflitto siriano si protrae da quasi dieci anni ormai, da quando i cosiddetti ribelli moderati si sollevarono contro il legittimo presidente Bashar Assad nel 2011 sul filo delle “primavere arabe”. Sin da primi momenti della rivolta era chiaro che ci fosse la regia esterna dei paesi occidentali desiderosi di deporre il governo siriano, guidato dalla famiglia Assad e dal partito ba’th.
Politicamente l’opposizione è rappresentata dalla Coalizione Nazionale Siriana (nata nel 2012), rappresentata militarmente dal FSA (Free Sirian Army): l’esercito libero siriano è formato da disertori provenienti dalle forze regolari e da elementi radicali islamici, appoggiati dalle potenze occidentali, le monarchie del golfo, la Turchia e, anche se non ufficialmente, da Israele che ha offerto supporto militare e logistico.
Nel 2013 fanno il loro ingresso nel conflitto (che in quel momento vedeva le forze governative in grave difficoltà) le sigle della galassia islamista: il fronte al-Nusra (emanazione di Al Qaida in Siria) e lo Stato Islamico, dopo la fine dell’alleanza fra le due l’ISIS proclama la nascita del califfato nel 2014 con capitale Raqqa.
Nel nord-est del paese, nel kurdistan siriano (Rojava), nascono nel 2012 le FDS (Forze Democratiche Siriane), un’alleanza di forze curdo-arabe nate per combattere le milizie jihadiste che avevano istituito il califfato proprio fra il confine siro-iracheno. Queste unità sono la principale forza curda sul campo (insieme ai peshmerga dello YPG), sostenuti sul campo da forze speciali statunitensi e da massicci raid aerei. La Turchia, principale attore internazionale a osteggiare i curdi, ha lanciato a partire dal 2016 diverse operazioni militari per occupare il nord del paese e contenere le forze curde.
Le forze governative sono state supportate fin da subito dall’Iran e da Hezbollah: il paese degli Ayatollah non poteva permettere che il suo più importante alleato regionale cadesse, stessa cosa per il “Partito di Dio” (legato mani e piedi all’Iran) che dal sud del Libano inviò migliaia di miliziani per supportare l’alleato, ciò ha provocato la dura reazione di Israele (per cui Hezbollah rappresenta la principale minaccia) che ha indiscriminatamente bombardato la Siria.
Il maggior alleato della Siria però è certamente la Russia: nel 2015 fa il suo ingresso militarmente nel conflitto inviando aerei da combattimento nella base aerea di Hmeimim e unità navali nella base di Tartus, la Russia infatti sin dall’epoca sovietica ha nella Siria il suo più stretto alleato nella regione mediorientale e non poteva permettersi di perdere la sua unica base nel Mediterraneo. Grazie all’intervento russo il conflitto inizia a volgere dalla parte dei governativi con la liberazione di Aleppo, della città di Palmira (fondamentale fù il supporto delle forze speciali russe) e di Deir-el-Zor, resistita a tre anni di assedio grazie alla guida dell’eroico generale druso Issam Zahredine poi morto in un attentato.
Ad oggi le forze fedeli ad Assad hanno sotto il loro controllo gran parte del territorio fatta eccezione per le sacche ribelli del gruppo jihadista Tahrir al-Sham (sostenute dalla Turchia) nel governatorato di Idlib, una porzione di territorio a confine con la Turchia occupata proprio dalle truppe turche e il kurdistan siriano, sotto il controllo delle SDF con una presenza di forze statunitensi (che sorvegliano i pozzi petroliferi da cui viene estratto illegalmente il petrolio siriano).
A marzo è stato stipulato un cessate il fuoco fra Putin ed Erdogan per favorire il rientro dei rifugiati nella zona di Idlib ma nell’ultimo mese si sono intensificati i raid russi sulle postazioni ribelli mentre le truppe siriane si preparano all’offensiva per riportare sotto il controllo governativo l’ultima roccaforte ribelle e porre fine all’ormai decennale conflitto che ha dilaniato il paese.
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