Di Alberto
Ormai da anni la Cina, parallelamente allo sviluppo della propria economia, sta espandendo la sua influenza in tutto il continente asiatico.
Ciò preoccupa non poco gli Stati Uniti che vedono nel gigante asiatico una minaccia per i propri interessi nella regione.
Dal termine del secondo conflitto mondiale gli Stati Uniti hanno creato una fitta rete di alleanze strategiche nell’area, dal Giappone alla Corea del sud per arrivare alle Filippine.
Il terreno di scontro più caldo fra statunitensi e cinesi è sicuramente il Mar Cinese meridionale: una zona costellata di isole e atolli fortemente militarizzate dalla Cina e contese fra quest’ultima, il Giappone e le Filippine.
In questo tratto di mare si incrociano ormai quasi giornalmente aerei da pattugliamento marittimo e bombardieri strategici delle due superpotenze.
La politica espansionistica cinese preoccupa non poco gli americani che rispondono mostrando tutto il proprio potenziale bellico: i gruppi navali delle portaerei statunitensi solcano a rotazioni le acque del Mar Cinese mentre nei cieli ci sono i bombardieri che si avvicendano nella base aerea di Guam, nel Pacifico.
Altra questione scottante per Pechino è quella di Taiwan, la provincia ribelle.
La Repubblica Popolare Cinese considera l’isola come parte integrante del proprio territorio e non riconosce l’autorità della Repubblica di Cina. Pechino ha più volte espresso la volontà di riportare sotto il proprio controllo quella che considera a tutti gli effetti una provincia ribelle.
Ciò ha inevitabilmente portato il governo di Taipei ad intrecciare rapporti con gli Stati Uniti, che tuttavia non riconoscono ufficialmente la RDC.
La tensione fra la Repubblica Popolare Cinese e la “provincia ribelle” resta alta: l’aeronautica militare cinese compie giornalmente violazioni dello spazio aereo di Taiwan che risponde facendo decollare i propri caccia per intercettare gli aerei avversari.
Gli Stati Uniti non sono però l’unico grande avversario della Cina nella regione, negli ultimi mesi si sono verificati scontri fra militari cinesi e indiani nella zona di confine del Kashmir lungo l’LCA, la linea di controllo ufficiale. Il Kashmir è una zona al confine fra India, Cina e Pakistan (alleato strategico della Cina e avversario storico dell’India), teatro di continui scontri.
La tensione fra i due giganti asiatici è alta (negli scontri si sono contati svariati morti da ambedue le parti) anche se sono in corso trattative diplomatiche per la “de-escalation”.
Sul fronte interno invece Pechino si trova a fronteggiare sia la questione di Hong Kong che quella delle minoranze: nell’ex protettorato britannico sono in atto ormai da tempo proteste contro il potere centrale che vengono puntualmente represse con forza e per questo la Cina è stata oggetto di pesanti accuse da parte della comunità internazionale; nell’est del paese invece , più precisamente nella regione dello Xinjiang, è in corso una dura repressione nei confronti della popolazione uigura.
Gli uiguri sono una popolazione di etnia turcofona e religione islamica che abita la Cina orientale, da anni Pechino attua una politica estremamente vessatoria nei loro confronti con vere e proprie deportazioni in appositi campi di prigionia dove si perdono le tracce di chi vi entra. Stessa sorte pare stia toccando nelle ultime settimane al popolo tibetano.
L’aggressiva politica espansionistica cinese preoccupa estremamente gli Stati Uniti che stanno attuando una crescente focalizzazione dei loro sforzi (e delle loro truppe) dall’Europa e dal Medio Oriente all’Asia.
La paura di essere scalzati dalla ormai non più così consolidata leadership mondiale degli americani e la violenta voglia di emergere del gigante asiatico rendono di fatto l’idea di un nuovo grande conflitto non più così tanto legata alle fantasie distopiche.
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