Di Cippa
“Stringo un patto con te Ezra Pound, ti detesto ormai da troppo tempo. Vengo a te come un fanciullo cresciuto che ha avuto un padre dalla testa dura. Sono abbastanza grande ora da fare amicizia. Fosti tu ad intagliare il legno, ora è tempo di abbattere la nuova foresta. Abbiamo un solo stelo e una sola radice, che i rapporti siano ristabiliti fra noi.”
Si apre così l’incontro del 1968 tra Pierpaolo Pasolini ed Ezra Pound, il primo ancora giovane e all’apice della sua notorietà ed il secondo reduce di mille avventure. Un’occasione che rappresenta forse uno degli incontri (e confronti) più importanti tra i letterati italiani del secolo scorso.
Pasolini era molte cose, senza dubbio non un fascista; Pound era forse ancora più cose, tra queste senza dubbio fu un fascista. Questo già dimostra la grande profondità dei due personaggi: legati principalmente da un profondo disgusto verso il mondo moderno, verso la società consumistica che l’usura e il capitalismo stavano creando e promuovendo.
Chi oggi inneggia a Pasolini, riducendolo e banalizzandolo, solo come omosessuale ed è convinto che se fosse ancora vivo il poeta friulano sarebbe in strada a braccetto ai Pride osannando il multiculturalismo e il globalismo, sicuramente non ha alcuna conoscenza o quantomeno comprensione di questa figura.
È secondo questi principi che l’Uomo perde l’unica cosa che lo rende tale, la Diversità.
Ci diranno che erano altri tempi e che se fosse vissuto oggi sarebbe stato diverso, ma un pensiero non cambia. Oggi Pasolini e Pound sarebbero rimasti senza voce: la televisione e i media li avrebbero messi a tacere. La maggior parte delle persone, portare a non leggere e informarti a fondo da una società che disprezza e confonde i valori millenari della nostra Europa, li conoscerebbero solo come figure marginali da trattare con un certo distacco, come degli “Emmanuel Goldstein” di 1984.
Un uomo di origine americana che tanto si appassiona al mondo europeo, talmente tanto da immergersi totalmente in esso e diventare parte del suo storico annale, Pound conosceva e amava le differenze, proprio come Pasolini che scriveva in Friulano per ricordare e non perdere il piccolo pezzo di tradizione e storia a cui la madre lo aveva in qualche modo legato nonostante la vita fatta di costanti traslochi. Chi si appassiona a qualcos’altro, che non gli appartiene direttamente o totalmente è conscio che sono proprio queste differenze a renderci Esseri.
Che poi è l’antitesi stessa del mondo moderno. Un mondo multicolore che diventa automaticamente grigiastro monocolore, miscuglio di tutte le culture (annichilendole di fatto) in favore di una classe dominante che semplifica e aumenta la richiesta di prodotti omologati per l’umanità intera. Umanità che diventa una marmaglia automatizzata di pecore pronte al macello quando necessario.
Pasolini e Pound: diversi in molto e in molto simili, questo lo avevano capito fin troppo bene.
Il loro incontro del 1968 insegna prima di tutto il rispetto reciproco tra degni “avversari”. Due punti di vista agli antipodi che possono trovare dialogo quando da entrambe le parti si schierano persone di alta caratura. Consapevoli della loro divergenza e al tempo stesso abbastanza “coraggiose” da andare contro ad un confronto aperto.
Ormai l’intervista tra Pound e Pasolini è tenuta gelosamente in custodia negli archivi RAI, sulle piattaforme online gestite da persone timorose del messaggio che essa potrebbe portare non ve n’è traccia. Un Idolo della Modernità Globalista che parla con un Idolo dell’Europa Classica, un dialogo tra due grandi pensatori di parti politiche opposte incentrato e mediato dalla Bellezza nelle forme d’Arte tra modernismo e classicismo.
Di seguito uno dei rari (e brevi) estratti del confronto:
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