Di David
Che sia stata dovuta a ragioni di aperta neutralità della Chiesa o dall’evidente futura sconfitta dell’Asse, non furono molti i preti che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana durante la seconda guerra mondiale. Una delle poche eccezioni fu Don Tullio Calcagno,il prete cappellano che assunse la direzione del settimanale Crociata Italica durante il conflitto.
Nato a Terni il 10 aprile 1899, entra in seminario all’età di dieci anni, per poi fermarlo durante la Grande Guerra in giovanissima età, riuscendo a distinguersi durante la battaglia del Piave contro gli austriaci ottenendo una decorazione al valore militare ed il grado di tenente.
Ripresa la sua carriera ecclesiastica alla fine della prima guerra mondiale, diventa nel 1924 parroco della cattedrale di Terni. Inizialmente contrario ai Patti Lateranensi del 1929, si ricredette dopo una lunga meditazione, arrivando alla conclusione che il Concordato sarebbe stato l’inizio di un risveglio del cattolicesimo nel mondo.
Durante la guerra d’Etiopia don Tullio si arruola nel corpo cappellani militari, aderendo completamente a quello che sarà, assieme al cristianesimo, la sua più grande Fede: il fascismo.Favorevole all’entrata in guerra dell’Italia assieme alla Germania nel 1940, cerca di arruolarsi, ma senza successo. Nonostante l’esito negativo, il prete ternano non sfugge all’occhio di Roberto Farinacci, che pubblica la sua richiesta sul giornale Regime Fascista.
Nel giugno 1942 don Calcagno pubblica un libro, a sue spese, intitolato Guerra di giustizia, il cui titolo è tutto un programma e ricorda da vicino le posizioni di un Berto Ricci e, in genere, del fascismo sociale. Dal contenuto antisocialista ed anticomunista, critica i regimi plutocratici anglo-americani e giustifica la necessità di una guerra contro essi perché, afferma don Tullio, “Quando è lecito o doveroso uccidere, è lecito o doveroso odiare“. Pubblicato il libro senza il permesso della Chiesa, viene convocato a Roma dove gli viene imposto il silenzio.
Dopo la resa dell’8 settembre 1943, don Tullio si dirige a Cremona, aderendo alla RSIed iniziando a scrivere contro il re e Badoglio, ricevendo così una scomunica dal vescovo locale. Sostenuto da Farinacci, fonda il 9 gennaio 1944 il nuovo settimanale Crociata Italica e, in brevissimo tempo, il giornale arriva a tirare la bellezza di oltre 100.000 copie, ponendosi in testa alla classifica della stampa più letta della Repubblica Sociale Italiana. Tra gli innumerevoli lettori, figurarono Raffaele Bombacci ed Ezra Pound.
Nel settimanale, formato da quattro pagine, si spiegavano le ragioni della causa nazionale contro gli Alleati, dell’orgoglio nazionale e dell’amore per la Patria, il tutto accompagnato da immagini di chiese distrutte da bombardamenti anglo-americani. I contenuti più scottanti sono però gli attacchi alla Santa Sede: don Tullio Calcagno sognava la creazione di una Chiesa cattolica autocefala, cioè indipendente da quella romana e con un primate italiano distinto dal Papa. Secondo lui, infatti, il sommo pontefice rivestiva un ruolo troppo universale per difendere adeguatamente gli interessi italiani, provato dall’atteggiamento ambiguo delle gerarchie ecclesiaste che avevano abbandonato il loro supporto all’Italia in favore degli Alleati.
Inimicandosi quasi tutti gli arcivescovi del Nord Italia, il 24 marzo 1945 riceve una scomunica, costringendolo così a chiudere il giornale. Recandosi a Crema da amici, viene riconosciuto da un comando partigiano, obbligandolo a chiedere aiuto al vescovo della città, che lo nasconde presso il Seminario Comboniano. Scoperto dai partigiani il 27 aprile, viene imprigionato a Milano assieme al cieco di guerra e medaglia d’oro Carlo Borsani. Il 29 aprile è sotto processo da parte di un fazioso Tribunale del Popolo che, nel suo caso, si limita alla semplice formale constatazione della sua identità personale. Fucilato poco dopo assieme a Borsani nel piazzale Susa, le salme per sfregio vengono caricate su un carretto della spazzatura e tumulate senza nome nel cimitero di Musocco. Nel 1949, dopo ricerche effettuate dai fratelli, la salma viene traslata nel cimitero di Terni, ponendo fine alla storia di don Tullio Calcagno, che per l’amore della propria Patria condusse una vera e propria crociata contro la Santa Sede e i nemici d’Italia.
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