Di Saturno
Il 20 e 21 settembre di quest’anno gli italiani saranno chiamati alle urne per votare al referendum sul taglio dei parlamentari. Nel caso venisse approvato, si ridurrebbero da 630 a 400 i seggi alla Camera e da 315 a 200 seggi (elettivi) al Senato. Non è previsto un quorum (numero minimo di voti per rendere valida la votazione), quindi per essere approvato basta che i Sì superino i No.
Questo taglio dei parlamentari è stato fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle, partito che ha fatto dei tagli alle spese della politica un suo cavallo di battaglia. Ebbene sì, il motivo per cui si vorrebbe abbassare il numero di parlamentari è quello del risparmio economico a cui esso porterebbe.
Ma di quanto sarebbe questo risparmio? Secondo quanto calcolato da Adolfo Spezaferro nel numero 26 de Il Primato Nazionale, il taglio porterebbe ad un risparmio dello 0,005% della spesa pubblica italiana, ovvero 100 milioni di euro annui.
Secondo il M5S, e tutti gli altri partiti che supportano questo referendum, per un risparmio così misero dovremmo amputare la sovranità popolare. Ma spieghiamolo bene cos’è la sovranità popolare: essa è il potere d’imperio di un popolo sul suo territorio, senza sovranità (parola che oggi fa tanto paura e suona di estremismo) non ci sarebbe democrazia. Attualmente l’Italia ha un rapporto di 1 deputato eletto ogni 64 mila abitanti, con questo taglio esso diventerebbe 1 a 101 mila.
Ma perché i pentastellati ci tengono tanto a diminuire la sovranità popolare? E perché ci sono elettori che supportano questa cosa? Per rispondere a queste domande bisogna andare un po’ indietro nel tempo, a quando i 5 Stelle erano appena nati. Il Movimento 5 Stelle è nato in un momento nel quale gli italiani cercavano un’alternativa politica nuova ed alternativa ai soliti schieramenti di centro-destra e centro-sinistra, visti come vetusti e corrotti. L’apice del loro successo si è avuto il 4 marzo 2018, giorno in cui i 5S, da soli, hanno preso il 32% dei voti. Essi raggiunsero tale risultato perché una grossa fetta degli elettori voleva mandare via la sinistra dal Governo, che per il periodo in cui ha governato ha fatto solo danni, senza però voler sostituire ad essa l’ancien regime di Berlusconi, il quale era oltretutto alleato alla Lega, partito il cui passato anti-meridionalista era ancora troppo recente per poter essere dimenticato; i 5S ne hanno beneficiato in quanto visti, calcolando anche la logica del voto utile, come l’unica alternativa valida.
Essi sono riusciti ad attirare un elettorato sia di destra che di sinistra, questo perché il M5S non segue alcuna ideologia, arma però rivelatasi a doppio taglio, perché sì, questo gli ha permesso di aumentare l’elettorato, ma glielo ha anche fatto perdere in un attimo. Per farla breve, quando poi hanno formato un governo con la Lega, mentre in campagna elettorale dicevano “mai con la Lega”, in nome di un finto pragmatismo (che di fatto è arrivismo), persero gli elettori di sinistra; mentre quando poi si sono alleati col PD, mentre prima dicevano “mai col partito di Bibbiano”, persero gli elettori di destra. Essi sono nati come movimento contro l’UE, contro l’euro e contro la vecchia establishment politica, poi sono finiti ad essere l’opposto, ovvero quello che volevano combattere: un movimento europeista, pro-euro e che fa compromessi con tutti (dalla destra alla sinistra) pur di rimanere al potere. Escludendo coloro che continuano a supportare i 5S perché vogliono continuare a vita a prendere il reddito di cittadinanza, l’elettorato (ormai risicato) del M5S continua ad esistere per l’unica idea a cui il Movimento è rimasto coerente negli anni: la riduzione dei costi della politica (stipendi, vitalizi, rimborsi spese, etc.), tematica molto sentita dagli italiani.
Tale tematica è molto sentita in quanto siamo in tempi di crisi, ed alle persone giustamente fa incazzare se, mentre loro faticano ad arrivare a fine mese, in parlamento ci sono persone che mentre NON risolvono la situazione si arricchiscono con enormi stipendi pagati dai contribuenti. Infatti, quando nella seconda metà del secolo scorso la situazione economica era migliore, tale tema era molto meno sentito di oggi (se non addirittura assente) sebbene il fenomeno della corruzione era molto più ampio: la P2, la mafia (molto più potente di oggi), i legami fra politica e terrorismo rosso, gli Stati Uniti e l’URSS che finanziavano a cascata i partiti italiani, ecc. La situazione economica nazionale post boom economico e pre-euro era decisamente migliore di quella odierna, trovare lavoro era più facile così come era più facile arricchirsi e fare cose (all’epoca) banali (ma che oggi sono fantascienza) come mettere su una famiglia e comprarsi una casa; quindi a nessuno interessava veramente quanto guadagnassero i parlamentari.
Un’argomentazione che ho sentito a favore del Sì è che ci sono Stati con meno parlamentari (in relazione alla popolazione) dell’Italia, ma che stanno meglio dell’Italia. A questa argomentazione rispondo che il loro stare economicamente meglio di noi è dovuto da un’enormità di fattori (posizione geografica, influenza geopolitica, risorse petrolifere e minerarie, livello d’industrializzazione, ecc.), la più rilevante delle quali sono le decisioni che i parlamentari prendono e non la loro presenza numerica. Quindi non prendiamoci in giro con una presunta migliore funzionalità di un parlamento con meno deputati, avere meno parlamentari non si traduce automaticamente in un sistema politico migliore, altrimenti il sistema migliore sarebbe la monarchia assoluta o una qualche antica forma di dispotismo dove il parlamento neanche esiste (sai dopo che risparmio economico!). Semmai un parlamento con meno deputati equivarrebbe a più problemi, specialmente per noi italiani: se la corruzione è già diffusa ora, figuriamoci quanto lo sarà quando per i plutocrati sarà più facile far passare leggi a proprio favore (e far modificare o cancellare quelle a proprio sfavore) perché ci saranno meno parlamentari da dover comprare; se già oggi viene percepita una grande distanza fra il palazzo ed il popolo, figuriamoci quanto lo sarà dopo che ogni parlamentare dovrà rappresentare 101 mila persone anziché 64 mila.
L’unico vero vantaggio sarebbe il risparmio economico, che ricordiamo essere di 100 milioni di euro annui. Insomma, una cifra certamente rilevante a livello comunale e forse anche regionale, ma insignificante a livello nazionale (100 milioni di euro su una popolazione di 60 milioni è una spesa ridicolmente bassa). Certo, vedere parlamentari arricchirsi sulle spalle di un popolo continuamente vessato dall’operato di governi uno più incompetente dell’altro è qualcosa di disgustoso, osceno ed inaccettabile. Ma questo non è un referendum per abbassargli gli stipendi, i rimborsi spese ed altri privilegi (e quelle sì, sono battaglie giuste), ma la loro presenza numerica in parlamento. L’economia della nostra nazione si potrà concretamente risollevare solo con decisioni possibili solamente con una piena sovranità politica e monetaria: protezionismo, nazionalizzazioni, grosso intervento pubblico nell’economia tramite un nuovo IRI; non di certo muovendo lo 0,005% del PIL. A Di Maio che dice che in 10 anni si risparmierebbero 1 miliardo di euro con cui poter assumere “11 mila medici o 25 mila infermieri”, rispondo chiedendo invece: quanti se ne sarebbero potuti assumere usando i soldi del reddito di cittadinanza? In poco più di un anno ci è costato 4 miliardi e 358 milioni (però si vuole cambiare la costituzione per 100 milioni annui). Quanti se ne sarebbero potuti assumere con la differenza fra i soldi che l’Italia versa ogni anno alla UE ma che non gli tornano indietro (visto che è contributore netto)? Secondo il Primato Nazionale, dal 2000 ad oggi tale cifra ammonta a 100 miliardi e qui si fa casino per 100 milioni annui. Dal 2013 al 2019 l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ha ricevuto dal Ministero della Difesa (senza contare quindi i finanziamenti comunali e regionali) circa 607 milioni di euro (in media più di 100 all’anno); se proprio vi è intenzione di risparmiare quei 100 milioni annui, che si togliessero all’ANPI, che è un’associazione inutile, senza dover andare a intaccare la rappresentanza popolare all’interno dell’organo governativo più importante di tutti.
Un misero risparmio di 100 milioni annui a fronte di una riduzione della rappresentanza popolare non valgono assolutamente la pena. Se si vogliono ridurre i costi della politica che si riducessero i soldi che lo Stato eroga ai politici e non il numero dei politici. Ingenti problemi economici si risolvono con ingenti manovre economiche. Per questo è dovere di ogni uomo libero e non condizionato dalla demagogia grillina votare NO a questo referendum.
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