Di Armando

Il lockdown imposto dal governo è ormai superato, dopo mesi di chiusura ed interruzione forzata, il calcio è tornato ad essere proiettato sulle reti Sky e Dazn ed il campionato, come nel resto d’Europa, ha ripreso il suo “normale” svolgimento.

La Coppa Italia prima, la lotta Scudetto e la battaglie per non retrocedere, dopo, stanno animando il calcio Italiano, ma ora ci troviamo dinanzi ad un enigma: il calcio nel post Covid è ancora lo sport più amato da noi italiani?

Una domanda del genere avrebbe sicuramente ricevuto una risposta positiva, soprattutto nel periodo del lockdown dove sembrava essere impossibile sopravvivere senza un campo verde da gioco. Ora però abbiamo potuto costatare che c’è disinteresse verso il calcio giocato. Sarà perché la forma atletica delle 20 squadre non è ai massimi livelli o sarà perché è pur sempre un “calcio d’estate“, questo sport non lo stiamo vivendo a pieno.

Il motivo reale è un altro: Il calcio non stimola, non fa breccia nel cuore dei suoi fan perché probabilmente mancano le curve, gli ultras, i tifosi sugli spalti.

Ed ecco che qui crolla tutto il sistema che voleva un calcio espunto dagli ultras, senza quei settori caldi, un calcio solo per il politically correct, dove le società sportive, le federazioni nazionali e quelle continentali avevano ravvisato nelle curve il male assoluto della comunità, male che avrebbe destabilizzato la struttura democratica dei paesi occidentali, senza però ricordare che questi sono gli stessi giovani scesi in “campo” dove effettivamente lo Stato è mancato (vedi l’alluvione di Genova, i bermagamaschi nell’emergenza Covid-19, solo per citarne alcuni). Ebbene questo incipit secondo noi ha avuto un risvolto negativo nel calcio giocato. Squadre svogliate, spente, esauste, assenti. Senza il pubblico che le supporta stiamo assistendo ad un gioco portato avanti per inerzia.

I tabelloni grafici posti sugli spalti non hanno lo stesso valore delle grida di un tifoso che ancora si emoziona per il “proprio” bomber sotto porta. Immaginatevi la scena del gol di Sergio Floccari contro il Milan, ecco sarebbe esploso un settore, la piccola Spal in doppio vantaggio sul Milan detentore di 7 Champions League. Quello stesso settore avrebbe allo stesso modo sopperito all’espulsione ricevuta da un loro giocatore, si sarebbe giocato comunque 11 conto 11, nonostante quel cartellino rosso, perché l’intero stadio avrebbe spinto la squadra.

Ebbene tutto questo non c’è al momento. Resta solo sognare un calcio romantico, probabilmente che non appartiene più alla nostra generazione, ma che comunque nonostante sia bistrattato dall’intero sistema, piace! E anche molto.

Perché una birra, gli amici, il gruppo, le grate, le esultanze, i cori, i fumogeni e gli striscioni hanno sempre animato il nostro calcio e in fin dei conti il boato di un intero stadio è ancora in grado di condizionare l’andamento di una partita. Senza questo abbiamo perso l’essenza del calcio, ciò che ha contraddistinto questo sport, ciò che chi ha fatto piangere, sorridere, gioire, buttarci nella mischia.

Ognuno di noi avrà seguito la propria squadra cittadina o di quartiere nelle categorie inferiori dove la tecnica lascia lo spazio alla foga, la tattica all’intensità, la testa al cuore, il bel gioco al catenaccio eppure c’è seguito perché il calcio è una commistione fra: maglia, calciatori, tifosi ed appartenenza. Senza uno di questi elementi gli altri perdono il legame e quando ciò avviene ecco che il fascino per il calcio si tramuta in un totale disinteresse e rilevanti rimangono solo i risultati parziali/finali per centrare la sommessa piazzata.

I tifosi vivono di calcio, il calcio vive di tifo ed oggi il calcio soffre per la mancanza del suo valido alleato.