Di Ludo
Una figura nota a pochi è quella dell’ufficiale Amedeo Guillet. Uomo camaleontico, temerario e appassionato. Fu guerrigliero, diplomatico e agente segreto di origine sabauda, attivo nelle campagne di Abissinia e Africa Orientale. Figura la sua che spicca per i princìpi di meritocrazia, intransigenza e grande capacità di mediare con le popolazioni coloniali.
Non sono questi aspetti però che gli renderanno nella storia l’appellativo di Comandante Diavolo.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Guillet si trovava nell‘Africa orientale italiana. Qui il duca d’Aosta gli affidò, nel febbraio del 1940, il comando del Gruppo Bande Amhara a cavallo, un reparto indigeno che Guillet saprà personalmente formare mettendo fianco a fianco eritrei, etiopi e yemeniti a lui fedelissimi, “riuscendo nell’improbabile conquista della loro fiducia e creando un senso di gruppo che sorvolava le (pesanti) divergenze etniche e religiose che queste comunità avevano“. È proprio in Africa che si realizza la prima parte della straordinaria avventura di Guillet. Dopo il giugno 1940, gli inglesi reagiscono in forze ad alcune prime facili vittorie italiane, qui viene il momento di Amadeo, che da qui a poco diventerà Cummundar as-Sheitan.
Il soprannome e il mito della figura nascono nel 1939, in particolare in seguito all’episodio che lo vede protagonista a Dougur Dubà, dove costrinse il nemico ad uno scontro faccia a faccia in campo aperto, “creando scompiglio e confusione tra autoblindati e carri armati”. Durante questa azione bellica apparentemente suicida cadde da cavallo. Fulmineamente si rimise in piedi ed imbracciò una mitragliatrice uccidendo gli ultimi nemici sopravvissuti, decretando quindi l’esito positivo dell’intervento. Questa vicenda di guerra è solo una delle diverse azioni dove Amadeo Guillet dimostrò le sue doti strategiche e capacità machiavelliche di sovvertire esiti di battaglie o scontri apparentemente già persi in partenza.
Questa sua azione di coraggio gli conferì l’onore di ricevere la Medaglia d’Argento al Valore Militare, quando ancora queste avevano un reale significato.
Le popolazioni africane con cui il comandante entrò in contatto notarono fin da subito le sue doti, talvolta constatate proprio per esperienza diretta in azioni belliche. Iniziarono anche a fantasticare nei loro racconti di una sua immortalità, giustificata dalla maestria militare. Da qui, Amedeo Guillet, diventò il Comandante Diavolo.
Guardandoci attorno, persone anche solo lontanamente avvicinabili ai valori morali di Guillet ce ne sono ben poche, o perlomeno, non abbastanza da formare dei ranghi sociali intraprendenti e intransigenti.
La sua vita e il suo modo di porsi nei confronti di situazioni difficili da gestire possono e devono esserci da esempio come riferimento per quello che deve essere una condotta forte, che non può piegarsi nemmeno nelle situazioni più avverse.
Ad oggi abbiamo diverse testimonianze (perlopiù scritte da soldati che lo hanno conosciuto) sul carattere e sui valori etico-morali di Guillet: si evince una personalità ardita, che non si piegava alla volontà altrui. Sapeva perfettamente che le sue doti non erano comuni, per questo, esigeva un rispetto ferreo nei suoi confronti. Interessante questa posizione che assumeva nei confronti di chi si rapportava con lui. Un rapporto di dare-ricevere senza sconti.
Rispettando se stesso, sapeva farsi rispettare anche dagli altri, riprendendo proprio la mentalità di una persona intransigente.
In preda ad un globalismo dilagante, ad una totale assenza di speranza per il futuro, minacciato da una politica incapace di prendere decisioni e dalla manipolazione del pensiero unico, sta a noi assimilare i valori di coraggio e intransigenza contro una società “depensante”. Una società da ‘’maglietta rossa’’ e rolex ben in vista, come insegna Lerner.
Per acquisire serietà e rispetto, è fondamentale avere consapevolezza del proprio valore personale senza mai sottovalutarsi o sminuirsi.
Credere fortemente nei propri princìpi e talenti al fine di perseguire gli obiettivi.
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