Di Sergio
Non ci stancheremo mai di ribadirlo: il modello americano, l’”american way of life” è una gran cazzata, una balla impacchettata dagli specialisti nostrani (sia di destra che di sinistra) per venderci un semplice modello di consumo che non ha niente a che vedere con una civiltà. Il caso George Floyd è scoppiato da quasi sette giorni e gli strascichi che si porta dietro stanno letteralmente incendiando il midwest americano e il dibattito pubblico mondiale. Infatti, migliaia di persone sono scese in piazza nelle principali città degli Stati Uniti per protestare contro la morte di Floyd, avvenuta a Minneapolis lunedì scorso, per mano di due agenti della polizia. La situazione più grave a Indianapolis, nell’Indiana, dove tre persone sono rimaste ferite a colpi d’arma da fuoco. In tutto il Paese sono già 25 le città nelle quali è stato proclamato il coprifuoco. Insomma, il grande circo della rappresaglia in salsa saccheggio e sommosse tipicamente americano. Un caso che non ha nulla di normale, come la stessa società Statunitense, che ci insegna ancora una volta che dal territorio immenso che corre dal 49° parallelo al Messico non viene mai nulla di buono; anzi, di solito arriva proprio quello che non ci serve.
Ripercorriamo i fatti, senza far cronaca, ma con l’intenzione di palesare tutti quei cortocircuiti ideologici ed isterici intorno al caso Floyd, cortocircuiti che si sono manifestati in Italia come nel resto del Mondo per un dibattito che come sempre viene gettato in pasto dai media ad una platea inferocita e che viene perorato, vuoi per infatuazione compulsiva per tutto ciò che viene dal paese a stelle e strisce, vuoi per l’ossessione tutta occidentale ed europea del big other, dalle sinistre antifasciste che rispolverano i fasti dei famosi radical-chic che dibattono in attico sulle pantere nere. Ripercorriamolo passo dopo passo, partendo da un grande mantra della “più grande democrazia del mondo”, che per decenni hanno colonizzato le menti degli europei e degli italiani. Gli Stati Uniti hanno un sistema giudiziario perfetto: falso, niente di più lontano dalla realtà. Il sistema giudiziario americano, il sistema di polizia in particolare ha un grosso ed evidente problema con la violenza gratuita, che ci porta ad affrontare la prima grande verità sul caso Floyd: negli States si muore per nulla, si muore senza processo, si muore sulla sedia elettrica oppure a bordo di una strada. Ciò che emerge dal brodo etnico che compone la società americana è una violenza degenerata non solo di bianchi su neri, ma soprattutto (e in maggior misura) di neri su bianchi e di ispanici su bianchi. La questione razziale dietro il caso Floyd viene subito a cedere se analizziamo i numeri (rilasciati dal Ministero della giustizia nel 2018) dei crimini violenti interrazziali.
Il caso Floyd rientra in un semplice, seppur terribile e assolutamente infame, abuso di potere della polizia. Uno stupido abuso, aggiungiamo, perché dà il La a tutto quel meccanismo del black lives matter che come le forze di polizia perde l’occasione di affrontare il caso secondo giustizia per scendere nel campo della rappresaglia culturale/mediatica/fisica anti-bianca. Curiosamente, fu proprio Thomas Sankara, patriota burkinabé che ha combattuto tutta la vita per un’Africa indipendente e sovrana affermava che “Senza formazione e senza preparazione politica un soldato è solo un potenziale criminale”. Niente di più vero, soprattutto in questo ennesimo caso in cui le forze dell’ordine, non solo uccidono un cittadino senza nessuna giustificazione, ma espongono il fianco a chi vuole l’uomo bianco al centro dell’odio revanscista del così detto “sud del mondo”. In più, un piccolo appunto per l’antifascismo nostrano sempre alla ricerca di cause esotiche da sposare per tornare in fretta e senza logica sulle luci della ribalta: quell’America che odia i neri e che voi (a quanto si dice) combattete, o quanto meno dite di avversare, è la stessa America che ha ridotto in macerie l’Europa durante la seconda guerra mondiale. L’America che odia i neri e li ammazza come cani è la stessa del Processo di Norimberga, nei quali si giudicavano i simboli assoluti del razzismo biologico, di cui però gli americani sono stati i primissimi fautori. Insomma, mentre gli Stati Uniti entravano in guerra per combattere i Fascismi razzisti in qualche autobus di New York un nero si trovava in regime di apartheid, che per inciso ha perdurato sistematicamente fino ai primi anni ’70 e che ancora oggi mostra tutti i suoi frutti marci. A Jesse Owens, quattro volte oro olimpico a Berlino nel 1936, simbolo tra i più utilizzati nella vulgata antifascista, fu tributato più onore in quei giorni a Berlino, dai tedeschi e da Hitler in persona, che al contrario di quanto si dice e confermato dallo stesso Owens lo salutò calorosamente, che in tutta la sua vita negli Stati Uniti. Lo stesso Roosevelt, al suo rientro dall’Olimpiade, rifiutò di incontrarlo alla Casa Bianca…
Potremmo continuare con la storia, citando le aggressioni americane all’Iraq e alla Siria sempre in nome della democrazia, ma preferiamo fermarci. Tanto basta per svelare le due facce schizofreniche dell’antifascismo militante che in questi giorni ha portato il caso Floyd sulle cime dello scontro razziale, ma che al contrario e nella realtà si sta risolvendo nei soliti saccheggi al Nike store. La verità è che la più bella democrazia del mondo è indiscutibilmente, profondamente ed irrimediabilmente razzista e multirazziale allo stesso tempo. Figlia di una schizofrenia che affonda lontano le sue radici, la situazione odierna è lungi dall’essere rosea. Ma nessuno in questi giorni convulsi, si è posto la domanda giusta. Perché dovremmo seguire, o meglio, continuare a seguire il modello americano? Perché dovremmo continuare nel solco del capitalismo liberista e cosmopolita che si arma della cultura di sinistra? Ci sarebbe da chiedersi se non sia necessario ripensare, in maniera radicale, il posizionamento dell’Italia e dell’Europa nello scacchiere geopolitico. Se l’Europa si indigna per Floyd e per il corollario di violenze che si porta dietro, perché dovremmo continuare a seguire gli Stati Uniti nelle sanzioni alla Russia o nelle guerre di esportazione democratica? Infine, devono ancora essere gli USA la stella polare dell’occidente? Occidente è un termine che ci piace veramente? Evidentemente non c’è la volontà di rivoluzionare in modo serio il nostro rapporto con gli Stati Uniti, soprattutto da parte di quella sinistra che usa il caso solo in funzione anti-bianca ed auto-colpevolizzante per giustificare, come fosse auspicabile, la grande sostituzione. La verità anche qui è un’altra: la sinistra si sta prodigando per trasformarci nel meltingpot americano, perché in effetti è l’unico modello che conoscono e che i loro cervelli mercantili e profondamente imperniati sul guadagno possono contemplare. Non ci serviva Floyd per capirlo, ma repetita iuvat. Non serve indignarsi per la non indignazione della sinistra che a sua volta si indigna solo quando la vittima è nera, non serve fare a gara a chi ha subito più abusi di polizia (in Italia è piena la storia repubblicana), il punto è che c’è giusto e c’è sbagliato. Soffocare un cittadino inerme è sbagliato, trasformare il caso in una guerra razziale ad hoc è sbagliato, constatare che il sistema americano è completamente fallimentare, contraddittorio ed autodistruttivo è giusto.Tutto quello che non ci serve si trova nel caso George Floyd, tutto quello che non ci serve sono gli Stati Uniti come modello di vita. Se volessimo dare un degno requiem al sogno americano, si trova in un video divenuto virale insieme a quelli del soffocamento dell’afroamericano. Nel video si vedono degli afroamericani che saccheggiano un supermercato in risposta all’omicidio del ragazzo, mentre un’obesa sulla sedia motorizzata li prende a coltellate, mentre qualcuno le spara un estintore in faccia. Ovviamente si filma tutto per snapchat. Non è un film ma la realtà…
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