Di Sergio
“Ecco perché un libro è un fucile carico, nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l’arma. Castriamo la mente dell’uomo”.
Così scrisse nel 1953 l’autore di fantascienza americano Ray Bradbury, quando incise su carta non solo un libro destinato ad entrare nella storia della letteratura di genere, ma una vera e propria “profezia”. Una profezia che ha visto con sessant’anni di anticipo il nostro mondo. Mondo, questo, che forse è andato anche aldilà dell’immaginazione dello scrittore, morto a Los Angeles nel 2012.
La storia immaginata nel libro Fahrenheit 451 è ambientata in un imprecisato futuro, posteriore al 1960, in una società distopica in cui leggere o possedere libri costituisce reato, per contrastare il quale è stato costituito un apposito corpo di vigili del fuoco che ha la missione di bruciare ogni tipo di volume. Vi ricorda qualcosa?
Torino 2019:
Esatto! Basta essere stati collegati un minimo ai media nazionali per sapere quello che è successo a Torino, in occasione del Salone Internazionale del Libro, evento che dal 1987 raccoglie in un’unica fiera case editrici italiane e internazionali. Ma chi può partecipare? È questo il punto su cui per giorni si sono arrovellati i media mainstream, quando hanno scoperto che tra gli innumerevoli stand spuntava anche quello della casa editrice “Altaforte”, novità assoluta nel panorama editoriale italiano ma che già può vantare nove uscite con altrettanti autori. Secondo i censori però “Altaforte” è una casa editrice fascista e il suo fondatore, Francesco Polacchi, reo di avere addirittura un opinione politica, non ha diritto a sedere nel consesso dei “liberi”editori. Per di più presenterà in fiera la sua nuova uscita: un libro intervista di Chiara Giannini al ministro degli interni Matteo Salvini. Apriti cielo, si scatena il delirio. Prima i boicottaggi alla Fiera, poi la reazione degli organizzatori che ignorando completamente un contratto legalmente vincolante revocano la concessione dello stand ad Altaforte che però, grazie alla cagnara mediatica della sinistra, registra un picco di vendite senza precedenti.
È ormai palese lo stato della nostra democrazia (se mai è esistita): una vera e propria dittatura del pensiero unico che imprigiona e marchia a fuoco chiunque osi sfidarla. Sotto attacco di questi tribunali dell’inquisizione non ci sono solo Altaforte, Polacchi o Salvini. Sotto attacco sono tutti i libri e gli autori che offrono al lettore una visione del mondo differente, libri che fanno paura perché spaventosamente veri.
“È un bel lavoro, sapete. Il lunedì bruciare i luminari della poesia, il mercoledì Melville, il venerdì Whitman, ridurli in cenere e poi bruciare la cenere”.
Risponde così Montag, il pompiere personaggio del romanzo, alla giovane Clarisse che all’inizio del loro primo dialogo chiede con ingenua curiosità: “Non leggete mai qualcuno dei libri che bruciate?”. Questa domanda dovrebbe essere rivolta ai vari Pif, Berizzi, Raimo, Appendino, Saviano, Boldrini. I pompieri distruttori di qualsiasi cosa non vada loro a genio. Non ci aspettiamo una risposta, insomma sono quello che sono, forse nemmeno i pompieri della divisione 451 meritano di essere accostati a questi individui. Ve lo immaginate voi, Berizzi che tiene in mano un libro di Giovanni Gentile o Raimo leggersi qualcosa di diverso da wikipedia? No, infatti. Siamo anche consci che se Montag incontra Clarisse, la quale riesce a riportarlo alla realtà dal suo mondo fatto di alienazione e mediocrità con semplici gesti, sguardi e osservazioni, queste persone non riuscirebbero a riconoscere la realtà nemmeno se fosse stampata davanti al loro viso. Emblematiche a questo proposito le parole di Clarisse rivolte al pompiere: “Quando parlo voi mi guardate. Quando dissi non so più che cosa sulla luna, avete guardato la luna, la notte passata. Gli altri non farebbero mai così”.
Insomma, se per il nostro Montag la speranza ha un volto e un nome, per i nostri cari “questurini” e “maledetti impiombati”, per usare i termini con cui Berto Ricci si scagliava proprio contro questa razza di persone “che mirano non sai dove” che “pare che soffin sempre nella stessa minestra” e che “si arrogano il diritto di rappresentare tutti noi, e si danno un con l’altro le investiture”, non c’è proprio speranza. Non la vogliono e per di più si levano da soli gli strumenti per combattere con intelligenza gli avversari, come per esempio un libro.
Guerra di civiltà:
“Quale profitto c’è, anche solo parlando da un punto di vista unicamente pratico, a spogliare la vita di ogni poesia, di ogni sogno, di ogni misticismo e di ogni menzogna? Qual’è la verità? Lei la conosce?”
Sono parole dello scrittore e premio nobel norvegese Knut Hamsun, uomo che come Pound e Brasillach, al termine della Seconda Guerra Mondiale, dovette affrontare il processo alle idee istituito dal tribunale dei vincitori contro i “collaborazionisti” del Fascismo. Sul tavolo dell’accusa non c’era altro che ciò che da loro era stato detto, fatto, scritto e pensato. Se per il francese l’unica via di uscita fu la fucilazione, Ezra e Knut dovettero affrontare un esperienza non meno terribile, ovvero la gogna e l’internamento in manicomio. Proprio qui sta il punto, la verità. La società distopica di Bradbury ed Orwell si avvera quando si costituisce un tribunale della verità, che giudica cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è “male assoluto” e cosa no. È una mentalità dogmatica, priva di sbocchi o slanci, castrante, che appiattisce la vita dell’uomo solo al lavoro e al consumo, che fa delle persone tanti piccoli schiavi contenti di essere tali. Spesso si usa il “Don Chisciotte” di Cervantes per scimmiottare chi nella vita crede in qualcosa, ma questi geni non capiscono che Cervantes non critica il suo cavaliere, Cervantes è dalla sua parte e fa il tifo per lui. Non ci invita a tenere lontano il coraggio ma ci invita a caricare quei giganti, anche che quando tutti credono siano solo mulini a vento. Questo rappresenta la sfida di Altaforte: un cavaliere lanciato al galoppo contro il gigante Feltrinelli. Un capitano Achab che sfida la balena bianca del politicamente corretto. Insomma una vera e propria guerra tra chi vorrebbe il mondo ad una dimensione e chi crede in un mondo di sogni, di poesia, di mistica e anche di pazzia. Sempre Hamsun, al discorso del Nobel, esortò la gioventù con queste parole:
“Nessun destino avverso può far cadere un giovane uomo o donna, se non una prematura tendenza alla prudenza e alla negazione”.
In fondo cosa credete, che per fare qualcosa di grande sia necessario andare a letto presto, mangiare sano e leggere gli inchiestoni di Repubblica? Così non si sono scritti i fiori del male e non si sono dipinti i Caravaggio, così non furono immaginate le tragedie di Shakespeare e nemmeno l’impresa di Fiume. Facciamo nostre le parole di Clarisse, che rivolta a Montag incide per sempre nella storia il motto delle nostre battaglie: “Ho diciassette anni e sono pazza”.
Lunga vita ad Altaforte!
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